Le immagini di Ilaria Salis condotta in catene in aula hanno colpito tutti e scatenato un comprensibile dibattito sulle modalità di trattamento dei detenuti in Ungheria. Il governo italiano ha protestato. Antonio Tajani continua a ripetere che portare un imputato al guinzaglio non è cosa buona e giusta. E la sinistra strepita sulle condizioni di carcerazione della neo-eroina antifascista, da 13 mesi in carcerazione preventiva con l’accusa di aver picchiato alcuni neonazisti a Budapest.
Leggi anche:
- Ilaria Salis “impressionata” da Mattarella. E infatti c’è qualcosa di strano
- No, Ilaria Salis non è un’eroina di Nicola Porro
La domanda è: ma siamo sicuri che l’Italia tratti poi così diversamente gli imputati in Tribunale? A mettere la parola fine ad un dibattito a volte lunare, che vede la pagliuzza negli occhi del sistema giuridico ungherese ignorando la trave di casa propria, è Cuno Tarfusser, magistrato nostrano che dal caso Ilaria Salis è stato in qualche modo toccato. È stato lui infatti a chiedere ed ottenere il diniego all’estradizione per Gabriele Marchesi, l’altro antifascista accusato insieme all’insegnante 39enne di aver aggredito dei neonazi. Nei nostri tribunali, racconta, gli imputati arrivano in aula “con le manette ai polsi, in fila indiana e uniti con un guinzaglio tenuto da un agente di polizia penitenziaria”. Per questo Tarfusser si è detto “sbigottito dalle reazioni” alle fotografie di Ilaria in catene. Il Belpaese, sostiene, “non è in grado di insegnare nulla a nessuno sotto questo profilo” visto che di fronte al giudice agli imputati vengono tolte le manette, al contrario dell’Ungheria, ma poi vengono messi “in una gabbia”.
dalla puntata di Quarta Repubblica del 2 aprile 2024
Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis).