Politica

Ilaria Salis, l’Ungheria si mette di traverso: “Va chiesta la revoca dell’immunità”

ilaria salis

E se la questione non si chiudesse con la candidatura di Ilaria Salis all’Europarlamento? L’attivista italiana, neo-eletta a Bruxelles con quasi 180mila preferenze e grazie all’ottimo risultato di Avs, è ancora ai domiciliari in Ungheria. La famiglia fa pressioni sul governo per accelerare le pratica per l’ottenimento dell’immunità parlamentare, ma la burocrazia ha i suoi tempi. “Bisogna conoscere il diritto prima di parlare”, ha spiegato ieri il ministro Antonio Tajani. E il diritto vuole che al momento nessuno è stato “eletto” perché occorre attendere la pronuncia della Corte di Appello, la presa d’atto del Parlamento Europeo e tutta una serie di adempimenti. Solo allora, tra qualche giorno, il governo italiano potrà comunicare l’avvenuta elezione all’Ungheria che, a quel punto, “prenderà le sue decisioni”. Quali?

Il regolamento europeo parla chiaro. L’immunità parlamentare Ue esiste per garantire a tutti gli eurodeputati di esercitare “liberamente il proprio mandato senza essere esposti a una persecuzione politica arbitraria”. La copertura “legale” che dà l’istituto europeo è ben più onnicomprensiva di quella italiana: i deputati europei, infatti, “non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti per le proprie opinioni o per i voti espressi nella loro veste di deputati al Parlamento europeo”. Ma ha anche valenza duplice: garantisce una immunità analoga a quella concessa agli onorevoli dello Stato membro quando l’eurodeputato si trova nello stato di origine; ma garantisce anche “l‘esenzione da ogni provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario, nel territorio di ogni altro Stato membro”. In sostanza: Ilaria non può essere né detenuta né giudicata da uno Stato estero, in questo caso l’Ungheria. Unica eccezione: se ti beccano con le mani nella marmellata, anche detta flagranza di reato.

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L’immunità può essere però revocata. In che modo? L’autorità nazionale (ungherese) può fare richiesta al Parlamento Ue, il presidente lo annuncia all’aula e poi passa la palla ad una commissione competente che può ascoltare il deputato o chiedere informazioni all’autorità che ne fa richiesta. Poi la commissione adotta una raccomandazione ad approvare o respingere la richiesta di revoca dell’immunità e il Parlamento vota a maggioranza semplice.

Sul caso Ilaria Salis dunque, come spiegava Tajani, bisogna attendere la burocrazia ma anche “le decisioni” delle autorità ungheresi. Possibile che la magistratura magiara, che ha mandato ai domiciliari Ilaria non molte settimane fa, si possa mettere di traverso? Difficile dirlo. Di sicuro però se lo stanno domandando anche a Budapest. E intanto fanno discutere le dichiarazioni odierne del capo di gabinetto di Orban secondo cui l’elezione della Salis è stata “un’immagine poco positiva della democrazia italiana” e con una parte di elettori che hanno “voluto mandare al parlamento europeo una criminale”. Frasi esagerate, visto e considerato che la Salis – simpatica o meno – è innocente fino a prova contraria. Attenzione però a cosa aggiunge Gergely Gulyas: il ministro infatti è convinto che “l’autorità ungherese competente dovrebbe chiedere al Parlamento europeo la revoca dell’immunità”. “Se un’ampia maggioranza del Parlamento europeo non ritiene accettabile l’abuso fisico e non vuole permettere che questo tipo di grave crimine rimanga impunito – ha aggiunto – allora revoca l’immunità e il procedimento penale può continuare durante il mandato dell’eurodeputata. Altrimenti potrà proseguire al termine del mandato”. Budapest non ci sta?

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