Politica

Ilaria Salis, ma che … dici?

Il delirio dell’Eurodeputata di Alleanza Verdi e Sinistra sulla liberazione di Cecilia Sala, l’Iran e gli Stati Uniti di Trump

ramy Elgaml carabinieri

Per la sinistra lunare o lunatica le trattative non sono affatto tutte uguali: mai con la mafia, dicevano, ma sempre o quasi sempre coi brigatisti, i terroristi. Non per Moro, si capisce, brindavano alla strage i cialtroni dell’estremismo maoista o leninista, ma in linea di principio si: il trucco è il solito, mafioso o terrorista è chi mafioso e terrorista fa, cioè chi diciamo noi; di conseguenza noi trattiamo, per non dire siamo solidali, coi resistenti, i rivoluzionari, il proletariato insorto, le vittime del capitalismo, del nord sfruttatore, del riscaldamento globale, e più non dimandare. Sono compagni che sbagliano, ma mica tanto, anzi per niente. Ilaler Salis va oltre il penoso refrain degli anni Settanta, nel suo delirio disorganizzato riesce a dire in un fiotto solo che la trattativa è giusta e sbagliata, necessaria e inaccettabile, santa e blasfema. Su Cecilia Sala che mangiava lenticchie nella galera di Teheran, per esempio: sì, va bene, una donna è stata liberata, evviva però abbasso perché a liberarla è stata un’altra donna, “nera” non di pelle ma di credo, una fascista al soldo dei fascisti imperialisti tecnicisti; era urgente riscattarla però anche indecente perché siamo i soliti servi dell’America, Trump, Musk, Nato, NASA, abusivi di tutto il mondo unitevi nella causa della occupatora preoccupata, ma non più disoccupata.

Io lo so, non ci credete, quella fonte voi volete, quasi quasi già fremete: ecco qua, forza, leggete. Non l’intero delirio, perché ho pietà di voi, ma scelgo fior da fiore. Anzi, no, ve lo sciroppate tutto, perché oggi vi voglio male, sarà che sono appena tornato dall’ennesimo pellegrinaggio al presidio ospedaliero, bello bucato, prelievato e pisciato. Ho più analisi del sangue io che okkupazioni Ilaler. La quale, con la penna rossa come la rivoluzione d’ottobre, straverga quanto segue.

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“Dopo la conclusione positiva della vicenda di Cecilia Sala, arriva la notizia della liberazione dell’ingegnere iraniano Mohamed Abedini. Di Abedini sappiamo poco, ma una cosa è certa: è stato arrestato in Italia senza aver commesso alcun reato, né secondo la legge italiana né secondo quella europea. Un arresto conto terzi (sic), che ha messo a rischio la sicurezza degli italiani in Iran e portato alla cattura di un ostaggio italiano. La politica degli ostaggi del regime iraniano è inaccettabile (bonta sua!, ndr) e, non a caso, disprezzata anche dai tanti iraniani che si oppongono al loro governo. Ma questa vicenda solleva una questione altrettanto grave: la sudditanza dell’Italia agli Stati Uniti. Perché il Ministro della Giustizia Nordio ha dovuto attendere il via libera di Washington per prendere una decisione? Perché è stato necessario che Meloni volasse a Mar-a-Lago per chiedere a Trump il permesso di applicare la legge italiana? La realtà è che il tanto sbandierato sovranismo di questo governo si rivela, ancora una volta, una tigre di carta. Nel frattempo, in Iran, nelle carceri di Evin e altrove, migliaia di prigionieri politici continuano a subire privazioni e torture. A partire da Pakhshan Azizi, attivista e femminista curda, ingiustamente detenuta, condannata a morte e ora a rischio di esecuzione dopo la conferma della sentenza da parte della Corte Suprema. La comunità internazionale deve difenderla! Vorrei un’Italia e un’Europa capaci di agire con coraggio e autonomia, schierandosi senza esitazioni per la liberazione dei prigionieri politici, il rispetto dei diritti umani e la giustizia sociale, senza dover chiedere il permesso di nessuno e mettendo al centro gli interessi della gente comune, non i calcoli geopolitici. È di autonomia di pensiero e di azione che abbiamo bisogno, non di sovranismo. La linea di condotta della sinistra internazionalista la possono dettare solo i movimenti sociali che lottano per libertà ed eguaglianza, a qualsiasi latitudine essi si trovino. In Iran come negli Stati Uniti e in Italia”.

Capito, sì? Ecco, insomma, vabbè, di Salis ce n’è una, tutte le altre sono Sala e noi comunque siamo sempre i soliti schiavetti dei cowboia. Vuoi mettere, tipo, la Corea del Nord. La prospettiva analitica della nostra fondatrice dell’Ordine dei Salisiani è di clamorosa superficialità, di agghiacciante irrealismo del genere infantile ma la domanda è un’altra: ma che ca**** stai a dì?, come sbottava l’indimenticabile “Braciola”, Ennio Antonelli. Insomma, era giusto trattare anche col demonio per salvare una vita (per chi scrive sì, senza dubbio: la vita, anche quella di una podcaster che subito si è concessa a se stessa raccontando le sue prigioni alle lenticchie ed altre cose leggiadre, da eccellenza italiana, en attendant la Riviera des fleurs, Sanremò, le Piddì, c’est tres chic, anvedi), o è stato vergognoso, più che altro perché c’è dietro l’America e non, per dire, il Venezuela?

Boh, non si capisce, l’intervento di Ilaler sembra un compitino più da alunna che da maestrina. Con tutte quelle, tutte quelle bollicine. Tutti quei punticini esclamativi. O, se preferite, un complesso articolato editoriale del redivivo Moviola, in arte Conte Gentiloni. Sarà che Ilaler alle trattative è allergica, lei occupa e basta, fanculo alla legge e soprattutto ai poveri. Siamo mica a Bruxelles, qui. A Monza Brianza L’État c’est moi, come il Re Sole e la Regina sòla. La chiusa, poi, è ispirata al più puro dadaismo askatasuna: “Donna vita libertà! #PakhshanAzizi libera! Libere tutte!”. Anche Ilaler, purtroppo.

Max Del Papa, 14 gennaio 2024

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