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Ilva, un suicidio industriale con tanti colpevoli - Seconda parte

Questi non sono sconsiderati. Peggio. Oggi ci spiegano che le tasse sulla plastica serviranno a riconvertire al green l’industria emiliana. Ieri dicevano che l’Ilva – vero presidente Emiliano? – doveva andare a gas. Quanti posti di lavoro dovremo sacrificare sull’altare dell’ecologicamente corretto? Provate a gestire un altoforno, provate a pagare 15 mila cedolini di busta paga al mese, provate a trovare governi e prescrizioni che cambiano ogni anno, provate a combattere la concorrenza cinese e indiana senza regole ambientali, provate a finire sempre e solo sui giornali come untori del cancro, provate a vivere schifati financo da quei quattro burocrati senza azienda che pretendono di rappresentarvi, e poi ne parliamo.

Questo è l’articolo che non avremmo mai voluto scrivere. Ma è anche un pezzo che era già scritto, quando magistrati, politici e giornalisti nel luglio di sette anni fa si avventarono sui Riva e sull’Ilva. Ora e necessario davvero un miracolo. Altrimenti ci saranno almeno quindicimila padri o madri disoccupati che dovranno spiegare ai propri figli che quella cavolo di borraccetta in metallo che gli hanno dato a scuola è fatta in Cina. E che molti come loro hanno perso il lavoro perché le bottigliette di plastica sono diventate come l’amianto.

Nicola Porro, Il Giornale 5 novembre 2019

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