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Imane Khelif ha seguito le regole? Il problema sono proprio quelle

Bach Olimpiadi imane khelif

Federico Ruffo, conduttore su Rai3 di “Filorosso Revolution” – il cui titolo la dice lunga sulla linea politica del programma -, martedì scorso si è occupato del controverso caso di Imane Khelif. Ovviamente il dibattito, essendo già orientato in partenza, si è svolto all’insegna dello sport politicamente corretto, con tre soggetti, conduttore compreso, a favore dell’inclusione olimpica a tutti i costi, e l’ottimo Francesco Borgonovo relegato nel ruolo di sparring partner.

In estrema sintesi, Ruffo, che ha più volte tenuto a precisare la sua pelosa posizione a non prendere mai posizione, ha introdotto il dibattito con una grave lacuna informativa, sostenendo che le contestazioni alla pugile algerina deriverebbero da una sua naturale produzione di testosterone in eccesso. Tutto questo dimenticandosi di segnalare che secondo l’Iba, l’organizzazione che organizza i mondiali della boxe femminile, due test effettuati in due diversi laboratori, uno in Turchia e l’altro in India, avrebbero rilevato un cromosoma XY e un cariotipo maschile.

A questo punto intervengono a sostegno del diritto a competere di Khelif Ferruccio De Bortoli e Alessandra Ghisleri. Ambedue, ribadendo una sinistra ortodossia che abbiamo duramente sperimentato sulla nostra pelle durante le liberticide restrizioni sanitarie nel corso della pandemia, hanno dichiarato in fotocopia che “con le attuali regole del Comitato Olimpico Internazionale l’Italia ha portato a casa 40 medaglie” e che, pertanto, dal momento che le stesse regole si conoscevano in partenza, esse vanno accettate senza discutere.

C’è solo un piccolo problema che questi due geni del conformismo si guardano bene dal sottolineare: le loro amatissime regole sono state radicalmente e più volte modificate dal Cio, in evidente ossequio ad una aberrante forma di ideologia inclusiva che non può che generare mostri. Tant’è che il Cio, a partire dalle Olimpiadi di Sidney del 2000, ha messo al bando la possibilità di una ispezione corporale nei riguardi delle atlete o presunte tali. Inoltre, il livello massimo del testosterone per le donne è stato elevato al livello stratosferico di 10 nmol/L, che si avvicina molto a quello degli uomini.

In questo senso, così commenta su Quotidiano Nazionale l’endocrinologo Enrico Carmina: “È un limite irrazionale, fuori dal mondo. È un valore altissimo, vicino a quello dell’uomo. Ma bisogna considerare che la donna ha un valore normale molto inferiore a quello delle soglie fissate. In ambito sportivo non si può tenere come soglia un valore 4 o 5 volte superiore a quello del limite della donna. Sono valori subito al di sotto di quelli dell’uomo, ma lontanissimi da quelli della donna, anche da quelli patologici. Capirei l’idea di mettere un limite un po’ più alto del normale ma non uno così lontano”.

Inoltre, De Bortoli ha addirittura rimproverato chi, sottintendendo la solita destra brutta, sporca, cattiva e in questo caso anche retrograda, si sarebbe fatto dare lezioni da un Paese arabo come quello algerino, il quale avrebbe a suo dire difeso meglio di noi occidentali i diritti delle donne.

In pratica l’illustre editorialista del Corsera vorrebbe farci credere che i sacrosanti diritti delle donne si sosterrebbero al meglio accettando di farsi prendere a pugni da una pugile che parrebbe avere un cromosoma maschile, un livello di testosterone altissimo per una donna e che sembra un uomo e che, soprattutto, picchia duro come un uomo. Tant’è che De Bortoli non ha mancato di esprimere il suo educato rimprovero alla nostra Angela Carini, la quale, ritirandosi dopo due durissimi cazzotti ricevuti in pieno viso, avrebbe mancato di onorare lo spirito olimpico.

Invero, io credo che lo sport femminile, dopo aver subìto per anni la devastazione di ogni forma di alterazione ormonale, finalizzata a sostenere una guerra sportiva tra blocchi e tra Stati che nulla avrebbe a che spartire con lo spirito olimpico originario, oggi non si preserva certamente consentendo a qualsiasi portatore di macroscopiche disfunzioni, vere o presunte tali, di trasformare lo sport in una sorta di fenomeno da baraccone.

Claudio Romiti, 15 agosto 2024

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