Politica

Immigrazione, su Gheddafi aveva ragione Berlusconi

Il rapporto tra il Cav e il rais libico garantì l’ottima gestione dei migranti dalla Libia. Dopo il caos

In questi giorni, smaltito il lutto nazionale per la scomparsa di Silvio Berlusconi, tra i tantissimi messaggi d’affetto pervenuti dagli italiani, già peraltro dimostrati in vita (non va mai dimenticato che il centrodestra, nei 29 anni di militanza politica del Cavaliere, ha perso una sola elezione nazionale, nel 1996, vincendo le altre e arrivando sostanzialmente alla pari con l’Unione di Prodi nel 2006 e con il Pd di Bersani nel 2013), e le poche voci fuori dal coro, in molti, soprattutto più giovani, si sono chiesti cosa abbia fatto Silvio Berlusconi in tanti anni per risultare un personaggio così divisivo. Non è certamente compito di quest’articolo elencare tutto ciò che il Cavaliere ha portato alla politica italiana, ma, trovo doveroso ricordare, tra le res gestae dei governi Berlusconi, le misure adottate in sinergia con la Libia per ridurre il flusso dell’immigrazione clandestina, tematica che purtroppo da anni affligge la nostra penisola.

Berlusconi, grazie alle sue abilità diplomatiche infatti, riuscì ad “addomesticare” (cito testualmente) il rais libico Muammar Gheddafi, per 42 anni autoproclamato leader dello stato nordafricano. Un dittatore che soppresse multipartitismo e perseguì una politica anti americana e anti italiana, come possono ricordare i nostri connazionali espulsi dal paese nel 1970 per “vendetta” verso l’occupazione italiana in Libia dal 1911 al 1943. Eppure, per il nostro paese, anche un vicino con il quale bisognava convivere. E così fece Berlusconi. Il 30 agosto 2008 infatti, fu firmato a Bengasi un trattato di Amicizia e Cooperazione tra i due stati, il quale, simbolicamente, chiuse dopo 70 anni le ferite rimaste dell’occupazione italiana in Libia.

L’accordo avrebbe previsto l’esborso, da parte italiana, di un’ingente somma (250 milioni di euro all’anno, per 20 anni) al governo libico, a titolo risarcitorio per i danni causati dall’occupazione militare. Al contempo, la Libia avrebbe preso le misure adeguate per combattere l’immigrazione clandestina verso il nostro paese, e avrebbe favorito gli investimenti nelle aziende italiane. I risultati dell’eccellente opera diplomatica del Cavaliere furono immediati: nel 2010 in Italia sbarcarono appena 4.406 persone. Numeri che, se paragonati ai 105.131 migranti irregolari sbarcati nel 2022 (dati forniti dalla Polizia di Stato) spiegano perfettamente i vantaggi, in particolare dal punto di vista della sicurezza, che il nostro paese ottenne.

Ciò che accadde dopo, come tutti sappiamo, ha portato alla situazione di anarchia totale nella quale la Libia versa attualmente. Nel 2011, la scia della Primavera Araba, ossia la serie di proteste ed agitazioni negli stati del Medio Oriente e dell’Africa, specialmente del Nord, che portarono in alcuni casi alla destituzione dei leader di quei paesi (si pensi a Mubarak in Egitto o a Ben Ali in Tunisia), arrivò anche in Libia. E, a seguito della repressione violenta delle proteste da parte del regime del rais, il 19 marzo la Nato scelse di intervenire a favore dei dissidenti.

Più volte Berlusconi spinse per evitare la soluzione militare, pur condannando i soprusi del governo libico. Oggi in Libia non c’è più Gheddafi, ucciso dai ribelli il 20 ottobre 2011. In compenso, da quasi 12 anni, non ci sono neanche un governo e una situazione politica stabile. E a farne le spese, come abbiamo visto dai dati sugli sbarchi nel 2022, ovviamente ci siamo anche noi.

LC, 24 giugno 2023