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Immunità naturale vs vaccini: cos’è meglio?

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di Paolo Becchi @pbecchi e Nicola Trevisan @Nic_Trevi

In questo articolo riportiamo una serie di studi che dimostrano come l’immunità naturale ottenuta a seguito della malattia Covid-19, sia notevolmente più efficace e più duratura rispetto a quanto possono garantire tutt’ora i vaccini. Quest’ultimi sviluppati, come sappiamo, per limitare la gravità della Covid-19, non riescono a sterilizzare il virus SARS-CoV2 e quindi non eliminano la diffusione dell’infezione, che si diffonde fra la popolazione indipendentemente che sia vaccinata o meno.

Abbiamo già visto in precedenti lavori (leggi qui) come questo possa innescare il problema dei “vaccini imperfetti e della resistenza al virus”, nel creare ceppi sempre più virulenti che si possono scatenare nella popolazione via via più vulnerabile man mano che l’immunità scende nel tempo.

Com’è possibile fermare questo vortice? Prima della risposta vi indirizziamo alla lettura di queste pubblicazioni scientifiche. Come vedrete tra gli autori di questi studi non compare mai il nome dei nostri virologi, loro vanno in Tv, ma all’estero gli scienziati fanno il loro mestiere. Inutile dire che nessun organo di informazione italiano ha mai dato notizia degli studi autorevoli che citiamo.   

L’efficacia dei vaccini

Nello studio Comparison of two highly-effective mRNA vaccines for COVID-19 during periods of Alpha and Delta variant prevalence”, ricercatori del Mayo Clinic Health System hanno confrontato i diversi tassi di efficacia per prevenire infezione e l’ospedalizzazione per Moderna (mRNA-1273) e Pfizer/BioNTech (BNT162b2).

Per tutti i dettagli sul campione e sul metodo utilizzato rimandiamo alla fonte (eggi qui). Ciò che emerge è che l’efficacia nel prevenire l’infezione inizia a diminuire dopo 5-6 mesi dal completo ciclo vaccinale, arrivando a luglio, in piena variante Delta (nel territorio della popolazione presa a campione), a provocare una differenza notevole fra Moderna 76 % e Pfizer 42%.

La tabella riporta mese per mese il confronto di incidenza fra i due farmaci per le infezioni di “breakthrough”, cioè di individui a ciclo completo di vaccinazione che si sono risultati positivi alla variante Delta. Nel mese di luglio è ben evidente il crollo di Pfizer.

I dati parlando da soli: i farmaci dopo cinque mesi in presenza di nuova variante, non sono efficaci come da trial di approvazione.

Il caso dell’università di San Diego

L’università della California di San Diego UCSDH è stata travolta da un’ondata di contagi nei primi mesi del ‘21: un totale di 227 operatori sanitari dell’UCSDH sono risultati positivi per SARS-CoV-2: 130 dei 227 lavoratori (57,3%) erano completamente vaccinati. I sintomi erano presenti in 109 dei 130 lavoratori completamente vaccinati (83,8%) e in 80 dei 90 lavoratori non vaccinati (88,9%). (I restanti 7 avevano ricevuto solo una dose). Notare che a marzo il 76% della forza lavoro era stato completamente vaccinato, a luglio la percentuale era salita all’83%.

È stata valutata l’efficacia del vaccino per ciascun mese da marzo a luglio Resurgence of SARS-CoV-2 Infection in a Highly Vaccinated Health System Workforce”:

Si nota come l’efficacia del vaccino sia passata dal 90% nel periodo marzo- giugno, al 65,5% di luglio!

Il drammatico cambiamento nell’efficacia del vaccino, da giugno a luglio, contro la malattia sintomatica è probabilmente dovuto sia alla comparsa della variante Delta, sia al calo di immunità indotto dal farmaco.

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