Dopo tante, tantissime chiacchiere è arrivata la fumata bianca per i vicepresidenti della Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen. Oltre al “nostro” Raffaele Fitto, ha ricevuto il via libera anche una delle figure più controverse del nuovo europeo: parliamo della spagnola Teresa Ribera, nominata vicepresidente esecutiva per la Transizione pulita, giusta e competitiva. Mettendo da parte le comprensibili perplessità sul titolo, parliamo di una vera e propria talebana del green, che negli ultimi anni si è contraddistinta per alcune decisioni semplicemente folli da ogni punto di vista, senza dimenticare gli ultimi fatti di cronaca.
Quella della Ribera è stata infatti una nomina strappata con grande determinazione nonostante i dubbi del Ppe, che voleva inserire nella lettera di valutazione della spagnola l’impegno a dimettersi nel caso in cui “vengano mosse accuse o procedimenti legali nei suoi confronti, in relazione ai tragici eventi della Dana”. La fedelissima di Sanchez è finita al centro del dibattito spagnolo e dunque europeo per le presunte responsabilità nella tragedia delle alluvioni che hanno colpito la Comunidad autonoma lo scorso 29 ottobre e nelle quali hanno perso la vita oltre 200 persone. Per alcuni membri del Ppe come Esteban Gonzalez Pons la sua nomina sarebbe stata “immorale”, poiché “ci sono ancora dei cadaveri da recuperare da sotto il fango”. L’accusa principale è di essere venuta meno al suo ruolo di coordinatrice della risposta all’emergenza e avrebbe fallito nel mettere in campo un’adeguata prevenzione per limitare i danni. Accuse respinte al mittente da Madrid, ma tali da creare ulteriori discussioni.
Partiamo dal cv. Madrilena, classe 1969, giurista, la socialista Ribera ha tre figli ed è sposata con Mariano Bacigalupo, esperto di concorrenza che fa parte della Comisión Nacional del Mercado de Valores, la Consob spagnola. Sbarca nel governo europeo dopo aver lavorato come ministra per la Transizione ecologica e per la Sfida demografica e vicepresidente del governo di Pedro Sánchez. Dal 2020, inoltre, ha ricevuto carta bianca nella gestione delle misure di rilancio dell’economia dopo la pandemia di Covid-19. La sua influenza nel partito socialista è aumentata esponenzialmente negli ultimi anni, tanto da essere scelta come capolista alle elezioni europee di giugno. Ovviamente eletta, ha lasciato il suo seggio a un altro candidato poichè sicura di fare parte della Commissione europea.
Prima di diventare ministra, Ribera ha diretto l’Institute for Sustainable Development and International Relations dal 2014 al 2018, mentre dal 2008 al 2011, Ribera ha ricoperto il posto di Segretario di Stato per il cambiamento climatico e la biodiversità e ha lavorato per l’Agenzia meteorologica spagnola. E ancora, in passato è stata docente all’Università autonoma di Madrid. Tutti la conoscono per le sue posizioni integraliste su dossier come clima ed energia, basti pensare alla recente dichiarazione rilasciata alla Reuters: “Agire per il clima è la migliore opportunità che abbiamo per ridurre le disuguaglianze, creare posti di lavoro e modernizzare l’economia. È la chiave per la transizione ecologica, per raggiungere la giustizia sociale tra generazioni e tra Stati”.
La nomina a vicepresidente esecutiva per la Transizione pulita, giusta e competitiva – dossier che non ha senso nel mondo normale ma evidentemente sì nell’universo verde – è una vittoria per la Ribera, poichè ha anche ottenuto il portafoglio della Concorrenza con cui l’Ue controlla le fusioni industriali, l’applicazione delle norme antitrust e gli aiuti di stato. In altri termini, sarà lei ad esercitare un’influenza importante sulle politiche industriali dei Paesi membri. Ma questa non è una buona notizia, considerando l’odio viscerale per l’industria. E non è un caso che abbia già preso le distanze dalla gestione Vestager ai microfoni del Financial Times: “Per quanto riguarda il ruolo che questo portafoglio deve svolgere in questo momento, ovviamente non è esattamente lo stesso di prima, ma è qualcosa che deve evolversi e adattarsi alle circostanze”.
La buona notizia è che non ha ricevuto deleghe al clima e all’energia come ipotizzato in un primo momento: la Ribera sarà infatti costretta a collaborare con i commissari olandese Hoextra (Clima) e svedese Roswall (Ambiente) entrambi del Ppe e il danese Jørgensen (Energia), che fa parte della famiglia dei socialisti. Ma è la sua dottrina a lasciare perplessità e a incutere timore. Per citare solo due interventi ideologici, da ministra spagnola ha chiuso le miniere di carbone e previsto un divieto per le auto a combustione. L’intervento sulle miniere di carbone nel nord della Spagna è significativo: ha gettato al vento 250 milioni di euro per creare posti di lavoro alternativi e incentivare il pensionamento anticipato. Una svolta green, certo, dimenticando che a rimetterci sono gli spagnoli e soprattutto che il resto del mondo – a partire dalla Cina – se ne infischia di certe sceneggiate.
Un altro provvedimento contestato è la legge per il clima che prevede di vietare la produzione di automobili diesel e benzina dal 2040 e la loro circolazione dal 2050, a testimonianza della sua ossessione per le auto elettriche. Ovviamente la Ribera è contraria anche alla tecnologia nucleare, anche se ha provato a smorzare i toni: “I trattati dicono chiaramente che ogni Paese ha il diritto di fare ciò che vuole (in ambito energetico, ndr). Questo va rispettato. È vero che un quadro normativo è andato avanti, contro il mio giudizio. L’aspetto interessante è l’utilizzo delle risorse pubbliche in termini di fonti energetiche, quando esistono fonti a basso costo che offrono prezzi migliori per i consumatori. Quando si tratta di investimenti pubblici, dobbiamo essere estremamente attenti”. La poltrona è la poltrona, è comprensibile.
Ma anche lei del resto fa parte di quel mondo green incoerente, fatto di interventi di facciata e scarsa concretezza. Pensiamo a quanto accaduto nel luglio del 2023, quando la socialista arrivò al vertice dei ministri europei sul clima di Valladolid in sella a una bici. Peccato che fosse seguita da quattro inquinantissime auto blindate della scorta e soprattutto che abbia percorso pedalando solo gli ultimi 200 metri del tragitto, per fare bella figura davanti alle telecamere.
Franco Lodige, 21 novembre 2024
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