Lo so, il titolo vi sembrerà esagerato. Ma seguite il ragionamento fino in fondo per capire perché, in un Paese democratico, non si può gridare alla “repressione” ogni qual volta un agente colpisce col manganello uno studente o un manifestante di sinistra (perché per no vax e fascisti, in genere, non si scomoda nessuno).
A Firenze e Pisa oggi sono andati in scena gli ennesimi cortei pro-Palestina. Sui social hanno iniziato a circolare i filmati delle cariche di alleggerimento della polizia con gli studenti presi a randellate e ricacciati indietro a suon di scudate. Vi leggo i titoli dei lanci di agenzia, giusto alcuni. Matteo Ricci (Pd): “La destra ha il manganello facile”. Bonelli: “Stato di polizia”. Anpi: “Non vogliamo il governo del manganello”. Boldrini: “Basta cariche”. Schlein: “Inaccettabile, c’è clima di repressione”. Conte: “Immagini preoccupanti”. E pure il rettore dell’Università di Pisa si arriva a chiedersi se “tutto questo è normale”.
Risposta semplice semplice: sì, è normale. Quello che infatti spesso ci si dimentica di raccontare è cosa succede, normalmente, prima di quelle manganellate. Partiamo da Firenze. Durante una manifestazione di 300 persone (sindacati di base, studenti e palestinesi) un gruppo di ragazzi si è staccato dal corteo autorizzato per deviare il percorso e dirigersi verso il consolato degli Stati Uniti. Qui, scrive l’Adnkronos, era stato predisposto uno sbarramento dalle forze dell’ordine. I manifestanti hanno cercato di avanzare e la polizia li ha respinti con cariche di alleggerimento.
Spostiamoci a Pisa. Qui il corteo non era proprio autorizzato dalla questura ma i ragazzi si erano auto-convocati sui social. I sindacati di polizia fanno notare che “scendere in piazza e manifestare senza rispettare la legge e le prescrizioni delle autorità di pubblica sicurezza” ti catapulta di diritto dalla parte del torto. Se poi un cordone di polizia ti intima di non entrare in una piazza e crea un blocco, la cosa più logica sarebbe girare i tacchi e rispettare l’ordine. Se decidi di avanzare in modo “determinato” per “portare solidarietà al popolo palestinese” devi mettere in conto le conseguenze. Anche perché: che senso ha fornire il manganello agli agenti se poi ci lamentiamo ogni volta che lo utilizzano?
Sia chiaro: a provocare gli scontri non sono mai i poliziotti. Andate a rivedere anche gli episodi del passato, a Napoli, Torino e Bologna. Il filo rosso che precede le manganellate è sempre lo stesso: la polizia invita a non accedere in un luogo “x”, impone uno sbarramento, i manifestanti insistono, pretendono di passare e di conseguenza parte la carica. E poi i sinceri democratici (spesso armati di bottiglie e bombe carta) vanno a frignare sui giornali o per interposto politico di turno.
Adesso anche basta. Forse pochi di voi sanno che qualche settimana fa si è svolto a Milano un sit-in di protesta dei “No Olimpiadi”. Nessuno ha provato a forzare un cordone di polizia, nessuno ha deviato dal percorso, nessuno si è radunato senza autorizzazione. Un corteo di circa 4 km è sfilato democraticamente e sapete cosa è successo? Nulla: gli agenti non hanno dovuto neanche indossare i caschi e tutto è filato liscio come l’olio. Purtroppo per loro, però, nessuno ne ha parlato sui giornali. Senza scontri, nessuna pubblicità e nessuna polemica. Ecco perché studenti e attivisti pro-Pal, antifa o quello che volete provocano lo scontro: rimedi qualche ferita, certo, ma la copertura mediatica è assicurata. Più che di “repressione” sarebbe il caso di spiegare bene che quei manifestanti il manganello se lo sono cercato.
Giuseppe De Lorenzo, 23 febbraio 2024
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