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In Iran impiccano le donne. Il Me Too tace

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Nel silenzio assordante di un’Europa che decide cosa si deve sapere e cosa no, da giorni l’Iran è sconvolta da violente proteste di piazza e qualcuno ha deciso che questa è una di quelle notizie che non si deve conoscere o che deve essere passata sottovoce. Dopo la firma dell’accordo sul nucleare iraniano e la fine delle sanzioni, in un crescendo obamiano è stato dato il via al periodo dell’Eldorado di Teheran, pieno di prospettive e grandi opportunità. Ammettere ora di aver preso il più brutto granchio della storia europea degli ultimi anni è oggettivamente difficile, per questo qualcuno ha allora deciso che bisogna negare tutto, anche davanti all’evidenza.

L’Europa ha perdonato all’Iran l’imperdonabile, dalle torture ai processi sommari, dalle minacce al finanziamento del terrorismo, fino ad arrivare, dulcis in fundo, a far finta che non ci siano impiccagioni sulla pubblica piazza delle maggiori città. Tra gli altri condannati spiccano una novantina di donne che sono state impiccate nel solo 2019, lo scrivo perché sarebbe stato bello vedere qualche corteo Me Too anche per queste povere disgraziate e non solo per le attrici di successo che, povere miliardarie, hanno subito qualche richiesta strana o complimento di troppo.

Ma non è tutto, perché chiudere gli occhi davanti a cose che non sarebbero state perdonate a nessun’altra nazione al mondo non è stato sufficiente e allora l’Europa, anziché portare modernità e libertà in quei posti dove la libertà non è mai stata di casa e la modernità è vista come un virus infettivo, ha deciso, in nome del petrolio e degli affari, che pur di andare d’accordo con i barbuti Ayatollah si poteva anche coprire di ridicolo genuflettendosi a novanta gradi con i cartoni di Renzi in una mano e la boccia di vasellina dall’altra. Per cartoni intendo, per chi non lo ricorda, quelli che coprirono le statue di nudo ai Musei Capitolini al passaggio del Presidente dell’Iran Hassan Rouhani. Per la boccia di vasellina lascio all’immaginazione del lettore quale è stato l’abbondante uso che ne è stato fatto ogni volta che si è trattato, e non importa su cosa, con Teheran.

Nel tempo la situazione non è cambiata e, come dicevo prima, in nome di tutto ciò la notizia che ci sono rivolte in novantacinque città iraniane sparse in ventuno province con almeno trentasei persone uccise dalla polizia, con centinaia di feriti e con Internet che è stato staccato in tutta la nazione per paura qualcosa potesse filtrare la censura, è solo un sottofondo nel concerto quotidiano dei media che riempiono le prime pagine e le aperture dei telegiornali con notizie inutili e a volte dannose, che servono a distrarre il popolo bue. Popolo bue che ha sì una grande pazienza ma con certi limiti e, alla fine, la storia ce lo insegna, quando questi limiti vengono superati fa sentire la sua voce nella maniera più chiara possibile. E non è un bel sentire. Esattamente come sta succedendo in queste ore in Iran.

Questa rivolta, l’ennesima, anche delle altre abbiamo sempre avuto notizie vaghe e fumose, è scattata a causa del rincaro che ha triplicato il prezzo della benzina, rincaro seguito da razionamento che ha complicato ulteriormente la già difficile vita degli iraniani. La ragione, anche se seria, non è fondamentale perché il livello di sopportazione della gente è arrivato a un punto tale che basta un niente e l’incendio attecchisce come fosse un fuoco di paglia. Secondo le poche informazioni che sono filtrate in Occidente il numero maggiore di vittime di queste ultime proteste sono state registrate a Teheran, Shiraz, Karaj, Sirjan, Behbahan, Shahryar, Khorramshahr, Marivan. Nella città di Islamhar, a sud della capitale, Teheran, centinaia di giovani si sono radunati per protestare e ci sono alcune fotografie dove si vedono persone che calpestano il ritratto del principale leader iraniano, l’Ayatollah Ali Khamenei. Anche un suo poster è stato dato alle fiamme.

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