Tra caro-bollette e guerra in Ucraina, la siderurgia italiana sta attraversando un periodo complesso. Soprattutto sul fronte dell’acciaio, dove si va acuendo la crisi dell’ex Ilva sotto la gestione del big indiano Arcelor Mittal. La produzione nazionale rallenta (-4,8% da gennaio a luglio) ma contribuisce ancora in maniera significativa al Pil del nostro Paese. Certo la Cina o l’India, che occupano il primo e il secondo posto nel mondo, sono irraggiungibili per quantitativi, ma come avviene nella moda la siderurgia italiana si distingue per qualità e attenzione alla sostenibilità.
La svolta è arrivata da Arvedi, gruppo siderurgico numero uno in Italia con 7,8 miliardi di fatturato e oltre 6 mila dipendenti, che ha lanciato il primo acciaio al mondo certificato a zero emissioni battezzato Arvzero. Da un anno Acciaieria Arvedi può fornire acciaio al carbonio prodotto negli stabilimenti di Cremona e Trieste, emettendo contestualmente il certificato di zero emissioni nette di CO2 per tutte le tipologie e lavorazioni grazie all’attestazione di Rina, ente terzo accreditato a livello internazionale.
Arvzero è un materiale ideale per settori come le costruzioni, la meccanica e l’automotive. Proprio in questo comparto Arvedi ha siglato un accordo di fornitura con la tedesca Mercedes, che utilizzerà acciaio italiano per ridurre l’impatto ambientale delle sue auto. Un grande risultato che, ha sottolineato il presidente Giovanni Arvedi, “rappresenta per noi un significativo riconoscimento internazionale per il nostro impegno nell’innovazione tecnologica per la produzione di acciaio sostenibile”.
Cos’è esattamente Arvzero? Per rispondere, premettiamo che l’acciaio è un metallo riciclabile al 100% che si ricava dalla lavorazione di una lega di ferro (rottami compresi) e ghisa, riducendone la percentuale di carbonio: per produrlo si può ricorrere o al cosiddetto ciclo integrato in altoforno oppure ai forni elettrici. Come Acciaierie Arvedi che ha ottenuto, con 28 anni di anticipo rispetto agli obiettivi posti dalla Commissione europea, il primo acciaio al mondo certificato net zero emissions (zero emissioni nette): appunto Arvzero.
Il risultato è stato raggiunto grazie al piano di decarbonizzazione avviato dal gruppo nel 2018 in cui rientrano sia l’investimento da 260 milioni per riconvertire l’area a caldo del sito di Trieste sia quelli nella digitalizzazione per pretrattare e selezionare i materiali di lavorazione. L’azzeramento delle emissioni indirette è stato ottenuto grazie alla fornitura integrale da parte di Enel di energia da fonti rinnovabili, debitamente certificata. “Si tratta del massimo risultato possibile con le tecnologie attuali”, rimarca Arvedi, che compensa la modesta quota di CO2 restante con crediti di carbonio certificati. Arvzero è insomma il frutto di oltre 30 anni di studio, ricerca e sviluppo, basata su produzione da forno elettrico, caricato con rottame con tecnologia certificata e applicando il principio dell’economia circolare, sia perché ricicla rottame di ferro sia perché l’energia è 100% green.
Arvzero è un altro traguardo di un gruppo che cresce da sessant’anni. L’attività si è sviluppata facendo perno su una tecnologia di processo studiata, sviluppata e brevettata in tutto il mondo sotto il nome Arvedi ISP e ESP. Oggi il gruppo opera nella produzione di laminati a caldo e laminati a freddo, piani in acciaio al carbonio e inossidabile, tubi in acciaio al carbonio e inox, nella rilaminazione di precisione di nastri in acciaio inox e nel commercio di prodotti siderurgici. Grazie all’acquisizione di Acciai Speciali Terni, conclusa nel 2022, Arvedi è diventato il primo produttore di acciaio in Italia. E con Arvzero il gruppo ha assunto un ruolo guida in Europa nell’ambito dell’acciaio ad alta compatibilità ambientale.