Lo Stato Ebraico dal 14 maggio 1948 è, o almeno così lo sente il mondo arabo, sia sciiti che sunniti, una spina nel fianco da togliere al più presto. Anche se da allora sono passati settantuno anni e gli arabi hanno combattuto e perso diverse guerre, a parte pochi illuminati, Sadat Presidente dell’Egitto e Re Hussein di Giordania poi uccisi o fortemente criticati per aver scelto la via della pace, il resto del mondo arabo continua a credere che prima o poi Israele, in un modo o nell’altro, sarà distrutta e che gli eserciti arabi entreranno trionfalmente a Tel Aviv e libereranno, con le buone o con le cattive, la seconda ipotesi è la più gettonata, sia Gerusalemme che il resto della regione dalla presenza ebraica.
In fondo sono coerenti, il primo a dire che gli ebrei dovranno essere uccisi o buttati a mare fu il Presidente egiziano Nasser, e da allora nulla è cambiato e in molti aspettano il momento per dare il via al massacro. Ce lo ha appena ricordato il neo-eletto presidente della Tunisia, Kais Saied che ha dichiarato che la Tunisia è in stato di guerra con il sionismo e la normalizzazione con Israele sarebbe un tradimento. Ha aggiunto inoltre: “Questa è la mia opinione sull’entità sionista e non cambierà. Se un giorno cambierò idea, ricordatemi ciò che ho detto ora”. Tutto questo anche se tra la Tunisia e Israele, fatta eccezione del bombardamento e distruzione totale della sede dell’OLP di Arafat a Tunisi nel il 2 ottobre 1985, non c’è mai stato nessun confronto armato.
Michael Sfaradi, 18 ottobre 2019
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