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In Spagna ha perso la destra divisa

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Speciale zuppa di Porro internazionale. Grazie a un nostro amico analista che vuole mantenere l’anonimato, il commento degli articoli tratti dai giornali stranieri.

David Gardner, responsabile della sezione affari internazionali e condirettore del Financial Times ha commentato il 29 aprile a caldo il voto spagnolo. In sintesi ha concluso come sia stata la divisione della destra a favorire la vittoria dei socialisti. Lo Psoe infatti con oltre il 28 per cento è il primo partito della nazione, e arriva con la sinistra di Podemos e gli autonomisti baschi ben più moderati di quelli catalani, a raggiungere o a sfiorare la maggioranza dei parlamentari necessaria per formare il governo. La destra (Vox, Ppe, Ciudadanos) ha poco più dei voti dei socialisti e della sinistra estrema ma grazie al sistema elettorale e con il crollo del Partito popolare non ha offerto un punto centrale su cui fondare una prospettiva convincente e vincente, essendo gli altri partiti di destra (i nazionalisti conservatori di Vox e i moderati liberali Ciudadanos) considerati divergenti e quindi a rischio per la governabilità del Paese.

La divisione della destra è un fattore ricorrente nelle elezioni di diversi Stati membri della Ue: dall’inconciliabilità tra lepeniani e gollisti in Francia, alla Nea democratia greca che è indebolita da una pattuglia di destra con toni razzisti Alba dorata che può arrivare fino all’8 per cento e da un partito liberlaconservatore Anel intorno al 5 per cento “patriotticamente” al governo con Alexis Tsipras. Ora il fenomeno si potrebbe ripetere in Gran Bretagna se si votasse per il Parlamento europeo, con un partito Brexit di Nicolas Farage che ruberebbe la scena allo storico partito conservatore, lasciando lo schieramento moderato senza baricentro.

Nella sua rapida analisi a urne appena aperte Gardner non si addentra nell’esaminare le motivazioni di queste divisioni. Su queste potrebbe essere interessante avanzare qualche ipotesi: una sinistra come quella spagnola propone un ideale europeista che pur vivendo oggi momenti molto difficili comunque offre una qualche prospettiva. La destra è divisa anche perché perlopiù non è capace (pesa pure lo scarso approccio strategico di Donald Trump alle questioni internazionali) di indicare un’alternativa “occidentale” che competa con il pur zoppo spirito federalista in parte essenzialmente propagandistico e con il talvolta rozzo richiamo agli interessi economici delle posizioni euroentusiaste.

I socialisti mediterranei (portoghesi, spagnoli e greci) contano inoltre su una sponda di Berlino offerta anche per contrastare le politiche delle altri grandi nazioni del Vecchio continente, dalla Gran Bretagna all’Italia e in qualche modo la Francia, e questa sponda è implementata da un rapporto sempre più solido con Pechino: è un “sostegno” che può generare sensate preoccupazioni ma in ogni caso è un “sostegno”. Anche per tale aspetto la rigidità nella manovra dell’attuale Casa Bianca non aiuta così come la scarsa capacità di interloquire con Washington di chi considera particolarmente rilevante il ruolo degli Stati Uniti. 

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