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I Mondiali dell'ipocrisia

Inclusivi col Rolex: star e calciatori hanno paura del Qatar

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Con compagni come questi, chi ha bisogno di inginocchiatoi? Il Mondiale al Qatarro continua a regalarci momenti epocali. Perché è un mondiale inclusivo, come dice Infantino. “E quindi” la fascia arcobaleno no, è “fuori contesto” come direbbe qualche apprendista giornalista. La notizia bella è che, alla fine, son tutti d’accordo, e l’avevamo capito: se nell’Occidente sessista e fascista calciatori, mignotte, spacciatori di slogan, paraculi molto inclusivi non mancano mai una posa a quattrozampe – per il Black lives matter, per il Metoo, per l’ Lgbtq+++—— -, in Medio Oriente la musica cambia, sentite l’immaginifico Maluma, che per il Fatto Quotidiano sarebbe una “grande star mondiale, sex symbol che piace sia al mondo etero che gay” (pensa se ai gay non piaceva); che uno a vederlo dice, kikazè? E deve abbeverarsi alla solita fonte, Wikipedia.

“Pseudonimo di Juan Luis Londoño Arias (Medellín, 28 gennaio 1994), è un cantautore e personaggio televisivo colombiano. Vincitore di un Latin Grammy Award su nove nomination, ha venduto in tutto il mondo 18 milioni di copie tra singoli e album, affermandosi come uno degli artisti di maggior successo ed influenza della musica latinoamericana urban”. Adesso è tutto più chiaro. Ma torniamo a pompa. Dunque, durante una intervista con una emittente israeliana, ah, sempre i soliti rompicoglioni questi, si è irritatƏ un bel popò. A domanda sui diritti umani nell’emirato, Baluba, scusate, Maluma, è sbottatƏ: “È un qualcosa che non posso risolvere – ha risposto piccatƏ. Sono qui per godermi la vita, la mia musica, il calcio, la festa. Non è qualcosa in cui devo necessariamente essere coinvolto”.

Certo, cazzo gliene frega a her. E siccome quei “rabbini di merda” insistevano, Baluba ha preso su la borsettæ e li ha piantati lì. Well done, Mally: la vida loca prima di tutto, per tutto il resto c’è Mastercard. E non confondetelo, per la carità, con Dua Lipa o addirittura Rod Stewart, lui ha venduto 18 milioni di clic sulle piattaforme, mica pizza e ficæ. E non chiedetegli tutto a costui-costei-costoro, non è qualcosa in cui deve necessariamente essere coinvoltƏ. Infantino, pontificale, approva. Gli sceicchi si vantano: tutto va meravigliosamente, chi lo nega è uno straccione, probabilmente anche un po’ checca.

Ma è una bagarrrre: abbiamo Lloris (“le leggi si rispettano e in Qatar funziona così”), poi abbiamo Baluba (“I diritti dei gay lesbo non mi coinvolgono”), poi abbiamo Hazard, che non è quello del telefilm anni ’70 ma il capitano del Belgio: “Siamo qui per giocare a calcio, e non per lanciare un messaggio politico”. No, no, per carità. Lì, però: fosse stato a Bruxelles, sai le pecorine. Hazard non s’azzarda a contrariare la politica della Fifa e sul modo di rendere in campo ha una sua teoria: “La Germania? Ho visto il loro gesto di protesta, sì ma poi hanno perso la gara. Avrebbero fatto meglio a non farlo, così magari avrebbero vinto. I calciatori rendono di più quando si concentrano solo sul calcio – risponde -, e noi vogliamo concentrarci solo su questo. Comunque non avrei voluto prendere un’ammonizione per questo”. Quando si dice avere le palle. Come a dire che Muhammad Ali in fondo è stato solo un gran coglione, lui e i suoi rifiuti di arruolarsi per il Vietnam, di dire “no” al sistema.

Poi abbiamo, ancora, Harry Kane, altro capitano mio capitano, dell’Inghilterra, che ha trovato un suo personalissimo modo di coniugare protesta e vidaloca: invece della fascia arcobaleno, sfoggia un Rolex arcobaleno da 650 mila dollari, il Daytona Rainbow “in oro rosa 18 karati incastonato con 36 zaffiri arcobaleno (eeeh…) taglio baguette sulla lunetta, 56 diamanti taglio brillante sulla cassa e 11 zaffiri, sempre arcobaleno taglio baguette come indici delle ore. Non ditelo alla moglie di Souhamoro, detta Lily TikTok. Non ditelo neanche al lottacontinua Gad Lerner, cultore del Rolex a sinistra. Praticamente si porta appresso un’oreficeria. Ma che fa? Loro sono lì per focalizzarsi sul gesto atletico, che porta sponsor, che porta ingaggi, gli imperscrutabili diritti li mettiamo in stand-by e li riaccendiamo in patria, quando sbandierarli serve a portare sponsor, che portano ingaggi, eccetera.

Poi abbiamo “basta”, che sennò qui si scrive l’Eneide. Ma tanto è questione di poco, ogni giorno ha le sue perle, basta aspettare. Pompa e circostanza, ci vorrebbe la celeberrima marcia di Elgar in sottofondo. Noi non siamo né contro lo sfarzo e neppure contro il pacchiano, è parte della vita, lo ha detto anche il compagno stivale: “Rivendico all’eleganza e al lusso da parte di mia moglie. La moda non è né bianca né nera, è semplicemente umana”. Da cui la lotta continua per i diritti umani: pensare che era così facile. Quindi anche i vari Lloris, Kane, Baluba, Hazard, a modo loro lottano per alcuni diritti fra i più umani e indisponibili: quello di sbattersene i coglioni, di obbedire, di pensare al soldo che è l’unico dio.

Ripetiamo, va benissimo, la retorica pauperista e autocolpevolista non ci appartiene, poi si sa, chi nasce diseredato finisce in jet privato (possibilmente incontrando Bonelli e Fratoianni, due gatto e volpe alla rovescia, due che se ne sanno di clima come di candidati). Solo che basterebbe dirlo: possibilmente sempre, non a pendolo, non fare gli indifferenti in Qatar e le verginelle incinte, ma appena appena, a Bruxelles.

Max Del Papa, 25 novembre 2022