«Dispiace anche a me, Dmitrij. Mi dispiace molto. Va bene, dispiace più a te che a me, però dispiace anche a me. A me dispiace quanto a te, Dmitrij. Non dire che a te dispiace più che a me, perché io ho il diritto di essere dispiaciuto quanto lo sei tu, né più né meno. Ci dispiace ugualmente, va bene? D’accordo.» Questo era il demenziale colloquio fra l’immaginario presidente americano Muffley e l’altrettanto immaginario presidente russo Dmitrij Kisov nel film “Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba”. Il capolavoro di Stanley Kubrick del 1964 dove i due immaginari presidenti non riuscivano a mettersi d’accordo neanche su chi era il più dispiaciuto.
La minaccia nucleare di Putin
La demenzialità dei due immaginari presidenti di quel film non è purtroppo lontana da quella che in questi giorni è sotto gli occhi di tutti noi, e se ciò che sta accadendo in Ucraina è di una gravità estrema, le minacce del Presidente russo Vladimir Putin di ricorrere all’arsenale nucleare e di allargare il conflitto coinvolgendo tutto l’Occidente, danno il senso di quanto può essere pericolosa l’escalation e anche di quanto sia importante fermarla.
Eppure non era difficile capire verso dove il vento stesse spirando perché i segnali dell’inizio delle ostilità c’erano ed erano stati anche significativi.
Non è un caso infatti che le esercitazioni militari delle forze strategiche russe di pochi giorni fa, anticipate rispetto alla data tradizionale di fine estate e annunciate dal Cremlino solo un giorno prima del loro effettivo inizio, supervisionate da Putin in persona e nel corso delle quali c’è stata la simulazione di un attacco nucleare, hanno previsto anche il lancio di missili balistici e da crociera. Come non è stato un caso che alla recente conferenza sulla sicurezza di Monaco, che ha riunito oltre 350 specialisti da tutto il mondo nel campo della difesa e della sicurezza, Mosca non abbia inviato nessun rappresentante.
Proprio l’assenza dei rappresentanti russi ha portato Sabrina Singh, vice portavoce della Casa Bianca, ad affermare che la Conferenza sulla sicurezza di Monaco è la dimostrazione dell’impegno USA nei confronti degli alleati NATO, un impegno che riafferma il comune interesse a sostenere i principi che hanno mantenuto la pace e la sicurezza in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi.
Usa vs Russia: chi ha più bombe?
Dal momento in cui il Presidente russo ha dato l’ordine operativo, alzando l’asticella del pericolo nucleare, in molti si chiedono chi ha più dotazioni atomiche tra la Russia e la Nato, dove sono disposte e, soprattutto, quali e quanti potrebbero essere i danni se la follia portasse a premere uno di quei pulsanti.
Nell’analizzare questo tema bisogna essere consapevoli che le notizie di dominio pubblico sono sempre state poche e difficilmente controllabili, anche perché la disinformazione in genere e quella sul nucleare in particolare, ha giocato un ruolo fondamentale durante la Guerra Fredda e lo sta giocando anche ai giorni nostri.
Nonostante i vari accordi SALT, START, SORT e New START, che si sono susseguiti dal 1972 al 2010 abbiano drasticamente ridotto il numero di testate nucleari in giro per il mondo, armi di questo tipo ce ne sono ancora molte, e anche se il loro uso viene visto come una cosa lontana, impensabile e incosciente, bombe atomiche di vario tipo e di varia potenza sono, purtroppo, una realtà che durante le crisi come quella attuale immancabilmente si materializza.
L’arsenale di Mosca
La Russia nata dopo il disfacimento dell’URSS ha mantenuto un numero di armi nucleari importanti con una dotazione che supera certamente quelle a disposizione della NATO. Secondo alcune fonti fra i 4.500 e 5.000 ordigni che possono essere lanciati dal mare, i sottomarini sono un vettore micidiale, ma anche dal cielo utilizzando aerei o missili intercontinentali.
In poche parole non c’è posto al mondo che, almeno in teoria, possa dichiararsi fuori dalla portata di queste armi.
Questo anche perché negli ultimi anni la Russia ha focalizzato la sua ricerca nella realizzazione di missili, come il RS-28 Sarmat, fiore all’occhiello delle forze aerospaziali di Mosca, che raggiungono velocità tali che, stando ai risultati delle prove effettuate e che sono stati resi pubblici, è praticamente impossibile per i sistemi occidentali localizzarli e neutralizzarli una volta in volo.
Le testate nucleari della Nato
La NATO ha a disposizione un numero di testate più esiguo rispetto alla Russia ed è noto che una parte di esse, secondo alcune fonti una novantina, è operativo nella base aerea di Incirlik in Turchia, e secondo un rapporto statunitense del Natural Resources Defence Council, nella base di Aviano in Italia, per il concetto NATO di condivisione nucleare, potrebbero essere conservate 50 bombe atomiche B61-4 di potenza variabile tra 45 e 107 chilotoni.
Secondo l’aggiornamento di sicurezza della base, il numero delle armi nucleari operative depositate è forse stato ridotto e oggi ad Aviano potrebbero essere presenti 25 o 35 ordigni.
Al potenziale nucleare della NATO, per la maggior parte di tipo tattico, va aggiunto l’arsenale strategico britannico, francese e statunitense. Insomma quanto basta per ridurre il mondo in una palla di fuoco. Lo stesso identico incubo che l’umanità ha vissuto durante la Guerra Fredda e la Cortina di Ferro.
Considerando comunque la segretezza che necessariamente copre questo tipo di informazioni, i dati su questo tema devono sempre essere considerati molto indicativi.
Rimane che la minaccia nucleare del Presidente russo è da una parte il segnale che Mosca ha trovato in Ucraina molta più resistenza rispetto a quella che gli strateghi immaginavano, dall’altra ha fatto suonare i campanelli d’allarme in molte Cancellerie occidentali che, giustamente, temono un allargarsi del conflitto con conseguenze, almeno allo stato attuale, difficilmente prevedibili.
In ogni caso non è importante quante siano le testate nelle mani dell’una o dell’altra parte, ma che le minacce rimangano tali perché se si passasse alle vie di fatto non ci sarebbero né vinti né vincitori.
Questa situazione, delicata, pericolosa, surreale e con un finale ancora da scrivere, mi fa tornare in mente un’altra battuta del film ‘Il dottor Stranamore’ quando il presidente americano Muffley urla a due contendenti che se le stavano dando di santa ragione:
«Gentlemen, you can’t fight in here. This is the War Room!». «Signori, non potete combattere qui! Questa è la sala di guerra!»
Michel Sfaradi, 1 marzo 2022