Politica

“Informazione meno democratica”, Monti finge di chiedere scusa

La “precisazione” dell’ex premier dopo l’intervento a La7: “Il tema esiste ed è importante”

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Scuse che non sono vere scuse. Precisazioni che poi non è che precisino granché, anzi. Forse addirittura finiscono col rafforzare il concetto, quello espresso da Mario Monti, secondo cui limitare e “somministrare l’informazione” in tempo di guerra al Covid non sarebbe poi così drammatico.

Dopo la bufera sulla sua ospitata in tv a La7, in cui ipotizzava una sorta di Minculpop in salsa “dei migliori” per “dosare dall’alto l’informazione” con “modalità meno democratiche”, ovviamente a uso e consumo del “governo, ispirato dalle autorità sanitarie”, Monti ha affidato a David Parenzo la sua nota di precisazione.  Dice il senatore a vita: “Nella puntata di In Onda, ho usato un’espressione infelice e impropria (“modalità di comunicazione meno, come dire, democratiche secondo per secondo”) quando ho detto che, se non si vuole rendere ancora più difficile la gestione della crisi pandemica a causa di corti circuiti informativi, occorre trovare una strategia comunicativa appropriata, per conciliare la libertà di espressione di ciascuno con la necessità di evitare confusioni, allarmismi o invece sottovalutazioni”.

Monti è convinto di aver usato solo “un termine infelice“, ma rivendica il fatto che “il tema esiste ed è stato ritenuto importante dai tre autorevoli giornalisti in studio (Concita De Gregorio, David Parenzo, Marco Damilano), con i quali si è infatti svolto un interessante dibattito”. Ora, il senatore ci scuserà se non siamo d’accordo e se ci permettiamo di fare 3 piccole annotazioni.

1. Di frasi “infelici”, per non dire di peggio, Monti ne ha pronunciate ben più di quella inserita nella sua nota di precisazione. Il punto non sono tanto quelle “modalità meno democratiche” richieste, ma il fatto che un ex premier ritenga corretto “dosare dall’alto l’informazione”, che il governo “istruito dalle autorità sanitarie” possa controllare cosa viene detto e scritto sul coronavirus. Il problema è di sostanza, non di forma. L’aver “accettato limitazioni molto forti alla nostra libertà di movimento” non significa certo che dobbiamo sottostare anche ad un Minculpop sanitario. La libertà è una cosa seria: ci siamo abituati, come di lei, a considerare un “diritto inalienabile” la “possibilità incondizionata di dire verità o sciocchezze sui media”. E non intendiamo certo rinunciarvi.

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