Era il 2020, quando lo scrittore Roberto Saviano insultava pesantemente Giorgia Meloni, definendola “bastarda” direttamente dagli studi di Piazzapulita. Al centro vi era la questione migratoria, un punto che negli ultimi mesi aveva ancora interessato le critiche del giornalista nei confronti del governo di centrodestra.
Saviano condannato
Ora, però, giustizia è stata fatta. Il processo, nato a seguito della denuncia presentata dalla stessa Presidente del Consiglio, si è concluso con la condanna pecuniaria di 1000 euro nei confronti dello scrittore. E ovviamente non poteva mancare il ritornello vittimista. Insomma, per dircelo chiaramente: un ritornello “alla Saviano”.
Questa volta, pure la giustizia sarebbe frutto di congetture contro il giornalista, che subito dopo la sentenza ha dichiarato di valutare il trasferimento all’estero. Un esilio auto-imposto, che aveva già dato le sue prime prove qualche mese fa, quando Saviano affermava di essere “fonte di resistenza” contro questo esecutivo. Sì, avete capito bene: è la solita rappresentazione dell’inesistente “pericolo fascista”, che però agita da sempre la sinistra, se a Palazzo Chigi siede il centrodestra, dopo aver trionfato alle scorse elezioni politiche.
D’altro canto, era Daniele Capezzone a spiegare chiaramente come funziona il sistema: “Fascista è un partito non di sinistra che raggiunga almeno il 15 per cento dei consensi”. Prima Berlusconi, poi Salvini ed infine Meloni: la sinistra è sempre alla ricerca del mostro da abbattere. E Saviano ne è rappresentazione lampante di quest’idea.
Il vittimismo di Saviano
Ma lo scrittore non intende mollare e continua: “Perdere oggi è esempio di ciò che accadrà domani, porta ancora di più a capire in che situazione stiamo vivendo, con un potere esecutivo che cerca continuamente di intimidire chiunque racconti le loro bugie”. Saviano ha poi specificato che si tratta di una “condanna simbolica”, e ritorna sull’idea di autoritarismo di Palazzo Chigi: “In Italia, con questo governo sarà sempre più complicato vivere, sotto tutti i punti di vista”.
Eppure, nonostante l’onda vittimistica del giornalista, proviamo ad immaginare un mondo parallelo, dove un intellettuale di destra avesse insultato il principale leader politico di sinistra (poi Presidente del Consiglio). Come avrebbe reagito il signor Saviano e la componente progressista? Proviamo ad anticipare la risposta. Come minimo, si sarebbe parlato di discriminazione, violenza, inneggiando alla rimozione degli eventuali incarichi che quel giornalista ricopriva pubblicamente. Il tutto scompare clamorosamente se si tratta di uno scrittore progressista, facendo leva su quell’eterno doppiopesismo politico che, in Italia, ha sempre trovato applicazione contro il leader di turno del centrodestra.
A questo giro, si è inneggiato anche il trasferimento all’estero per una condanna pecuniaria. Insomma, un classico della sinistra, un motto che ha sempre avuto particolare successo dopo il trionfo alle elezioni da parte della destra: famosi radical chic che, dai loro attici, lamentavano un ritorno della dittatura, annunciando l’abbandono del Bel Paese per uno Stato ‘più democratico’. Peccato che, fino ad oggi, si è sempre e solo trattato di annunci. Vedremo se Saviano rispetterà la promessa.
Matteo Milanesi, 13 ottobre 2023