Abbiamo chiesto a due autori di questo nostro sito di dibattere su “Vannacci sì” – “Vannacci no” per provare a capire pro e contro della sua candidatura e le reazioni che sta scatenando a destra e a sinistra.
Vannacci si, o Vannacci no, questo è il dilemma. Con le sue tesi ampiamente discutibili, politicamente scorrette, e talvolta persino irricevibili, il più popolare tra i generali continua a dividere l’opinione pubblica e a far parlare di sè. Ormai non passa giorno senza che sui principali quotidiani venga in una qualche maniera tirato in ballo il suo nome, dipinto ora alla stregua di un mostro da abbattere, ora di una guida spirituale a cui affidarsi. Perché, quando si parla di Roberto Vannacci, le mezze misure proprio non sono ammesse. In nessun caso.
Non è neppure minimamente contemplata la possibilità di riconoscere a Vannacci la sacrosanta libertà di espressione, senza trovarsi, un attimo dopo, cucita addosso la casacca del fascista. Così come, d’altra parte, non è ammesso non condividere le tesi, i modi e il linguaggio del generale, ma rispettarne comunque il pensiero. Ci si trova, dunque, dinanzi a due poli completamente opposti: bianco o nero, buoni o cattivi, fascisti o antifascisti, con o contro il generale. Tertium non datur. Mai. Ed è proprio in tale preoccupante assenza di alternative che si celano tutti i pericoli del Vannacci-pensiero.
Si badi bene: chi scrive non è certo un adepto del pensiero unico o della correttezza politica, né, tantomeno, un sostenitore della censura e dell’omologazione che da questi discendono. Tutt’altro. Proprio per questo motivo, pur continuando a difendere strenuamente la libertà di parola di Roberto Vannacci e rispettandone le opinioni, mi trovo a dover dissentire da buona parte dei contenuti e dei modi utilizzati dal generale. Combattere l’intolleranza con altra intolleranza, e l’illiberalità di sinistra con l’illiberalità di destra, non rappresenta certo la soluzione. Così come per il centrodestra non è affatto una soluzione creare delle bandiere da poter sventolare in occasione della prima tornata elettorale utile, sulla falsariga del modello ormai ampiamente rodato e sempre tanto caro a sinistra, ed ora, evidentemente, esportato anche a destra.
Poiché, a ben vedere, con la candidatura del generale Vannacci, Matteo Salvini non sta facendo molto meglio rispetto a quanto non abbiano fatto Bonelli e Fratoianni con le candidature di Mimmo Lucano e Ilaria Salis. In merito a quest’ultimo parallelismo, qualcuno potrebbe anche obiettare che chi scrive stia ponendo sul medesimo piano dei pluricondannati e un ufficiale dell’esercito pluridecorato. Ma non è questo il punto. Perchè, almeno politicamente, oggi Roberto Vannacci rappresenta per la destra esattamente ciò che Ilaria Salis incarna per la sinistra: un simbolo da ostentare per sopperire alla carenza di contenuti e cercare di centrare un obiettivo elettorale di breve periodo. Ovverosia: lo sbarramento del 4% nel caso di Alleanza Verdi e Sinistra, il 10% nel caso della Lega.
Le operazioni Salis e Vannacci sono dunque del tutto speculari, e rispondono entrambe all’esigenza dei rispettivi partiti di polarizzare il più possibile il voto per attrarre a sé il consenso di quelle sacche di elettorato ferme su posizioni più estreme. Allo stesso modo, appaiono spesso speculari i metodi utilizzati dalle due fazioni contrapposte tra loro. In ogni caso, ben al di là della semplice scorrettezza politica (che ben venga), o del free speech (indiscutibile).
Il rischio è che, dunque, Roberto Vannacci vada a rivelarsi una bandiera di destra, utile solo a fare da contraltare alle tante bandierine di sinistra, e le sue tesi, un pensiero unico da contrapporre ad un altro pensiero unico uguale e contrario. Per tutti questi motivi, da liberale a cui non piace la politica fatta di simboli, non posso non sciogliere il dilemma e dire: Vannacci no.
Salvatore Di Bartolo, 1º maggio 2024
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