Eccomi, sono qui per voi, per la prima volta dopo un mese con giacca e camicia. Qualche notte fa, qui a San Raffaele, mi sono svegliato improvvisamente, con una domanda in testa che non riuscivo a mandare via: ma come mai sono qui? Ma che ci faccio qui? Per cosa sto combattendo io qui? Vicino a me vegliava la mia Marta. Anche a lei posi la stessa domanda: perché siamo qui? E lei mi disse: siamo qui perché hai lavorato tanto, forse troppo, ti stai impegnando molto perché per salvare la nostra democrazia e la nostra libertà.
E quindi voglio ricordare anche a voi quello che ho pensato e passato, anche se so che il farlo mi emazionerà davvero. Molti di voi conoscono alcuni aspetti di questa nostra storia, con qualcuno li abbiamo condivisi, ma ci sono altri aspetti che non ho mai raccontato prima. In ogni caso è importante rivederli, perché lì sono le nostre radici, lì sono le ragioni forti per le quali siamo ancora in campo. Lì c’è il grande futuro che ci aspetta e per il quale stiamo lavorando con passione.
Tutto ebbe inizio quando i sondaggisti delle mie tv, in quel giugno del 1993, parteciparono a una mia riunione e interrogati da me sulle elezioni che erano vicine, affermarono con sicurezza che avrebbero vinto i comunisti. “Ma no, non è possibile”, risposi d’impeto io, “non hanno mai vinto, c’è sicuramente una soluzione per continuare a non farli vincere”. Risposta in coro: “Sì, ma ce n’è una sola, un nuovo partito più forte dei comunisti”.
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Lo chiamavano ancora “il partito comunista”, anche se aveva cambiato nome, perché erano sempre loro con gli stessi leader, gli stessi metodi, gli stessi programmi. “Ma se fino ad ora hanno vinto i partiti moderati, perché tutto può cambiare?”, chiesi. Mi risposero: “Perché sono cambiate le regole elettorali e perché Tangentopoli e Mani Pulite hanno fatto fuori tutti i leader del pentapartito e i loro successori non sono purtroppo all’altezza della situazione”. Questo risposero. Io allora mi prendo una settimana e vado a conoscerli tutti uno a uno. I sondagisti avevano ragione. Li convocai di nuovo. “Avete ragione – dissi – Ma allora cosa possiamo fare per non far diventare l’Italia un paese comunista?”. Risposero: “L’unica via è fondare un nuovo partito che sappia contrastare la sinistra”. “Ma – dissi – c’è qualcuno in grado di farlo?”. Si guardano, si sorridono, puntano il dito su di me. “Solo lei, Presidente, perché lei con il suo Milan è diventato il simbolo della vittoria. E poi perché è amato dagli italiani a cui ha regalato la televisione privata, un film ogni giorno alle 10.30 per le signore che stanno a casa a spolverare i mobili e a preparare il pranzo per i figli che tornano da scuola e alla sera dopo cena uno spettacolo per tutte le nostre famiglie che così stanno a casa tutti insieme per godersi la sua tv”.
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Io rimasi assolutamente impressonato ma poi continuai a riflettere e cominciai a discutere della situazione con tanti amici: con Gianni Baget Bozzo, con Antonio Martino, con Giuliano Urbani, con Giuliano Ferrara e tanti altri ancora. Ancora e sempre più ci commicevamo tutti che la decisione indispensabile era proprio quella di fondare un nuovo movimento politico in grado di contrastare la sinistra. Dunque, questo era il problema: scendere in campo o lasciare che l’Italia diventasse un paese comunista. E io senti consolidarsi sempre più forte in me un autentico dovere, quello di farlo, quello di salvare l’Italia, il paese che amo e il paese che tutti noi amiamo.
Anche per scegliere il nome del nuovo partito ho preso il spunto, devo ammettere, da Forza Milan, il nome Forza Italia che conteneva e contiene già in sé il programma del nuovo partito. Il nome di Forza Italia è già scritta alla sua missione politica, che è quella di realizzare nel nostro paese le condizioni sociali, politiche, economiche, affinché ciascuno di noi possa sentirsi libero di costruire per se stesso e per i propri figli un futuro di crescita, un futuro di benessere, un futuro di libertà. E alla fine io e tutti gli amici che volevano essere fondatori del nuovo partito fummo d’accordo su tutte le reti televisive per comunicare pubblicamente la nostra discesa in campo.
La sera prima dell’intervento in tv, io feci venire ad Arcore, al mio tavolone di famiglia, la mia mamma, il mio fratello, i miei figli più grandi, i miei amici più cari, i miei più bravi dirigenti. Quando furono arrivati tutti, li invitai a sedersi a tavola. E qualcuno domandò: “Ma Presidente, come mai questo invito di cui non sappiamo la motivazione per di più in un giorno di lavoro?”. Infatti non era mai successo prima, ci eravamo sempre ritrovati insieme soltanto nei giorni di festa. E allora io risposi: “Mangiatevi il primo giro di risotto e poi ve lo dico”. Temevo che a stomaco vuoto si prendessero un’ulcera per quello che avrei detto loro. Dopo il risotto mi alzai e annunciai che li avevo convocati per renderli edotti del fatto che l’indomani mattina avrei dato le dimissioni da Presidente e Amministratore Delegato di tutte le società che avevo fondato e che alla sera in televisione, in prime time, avrei annunciato che scendevo in politica con un nuovo partito avversario della sinistra che si sarebbe chiamato Forza Italia.
Non vi dico quel che successe, un subbuglio, una rivoluzione, un vero disastro. Tutti, nessuno escluso, anche alzandosi in piedi a voce alta, manifestarono il loro dissenso, la loro opposizione, le loro paure. “Te ne faranno di tutti i colori”, “ti faranno tantissimi processi”, “ti manderanno in galera”, “ti chiuderanno le televisioni” e via dicendo. Di questo passo finimmo a mezzanotte e mezza. Tutti tornarono a casa, io salii le scale andando in camera mia, mi buttai sul mio letto con la giacca ancora indosso, le scarpe ai piedi e la testa più che in subbglio, in fiamme. Ma la mia mamma, tornando a casa sua a Milano con Lino, il mio autisto di fiducia, ebbe l’avventura di passare nella via in cui avevamo abitato per molto tempo mio papà, lei, la mia sorella Antonietta, il mio fratellino Paolo e io. E lei la chiamava la casa della felicità. Disse al mio autista: “Nino fermati, fermati per favore”. Scese dall’automobile e rimase per alcuni minuti a guardare il balcone della casa nella quale avevamo abitato per tanto tempo tutti insieme felicemente. Poi risalì in auto e disse a Nino: “Per favore Nino riportami ad Arcore”.
Arrivati ad Arcore salì le scale che portavano alla mia camera e entrò da me, si appoggiò ad una delle colonne del mio letto, lo ricordo davvero come se fosse ieri, e mi disse: “Anche io sono molto preoccupata, sono preoccupatissima per quello che ti faranno perché te ne faranno di tutti i colori”. Poi si fermò guardandomi con gli occhi lucidi: “Sona passato a Milano davanti alla nostra casa della felicità e mi è venuto in mente un pensiero, un’idea che mi ha davvero colpito e convinto che se tu, sentendo così forte il dovere di scendere in campo per te, per i tuoi figli, per l’Italia, non trovassi dentro di te anche il coraggio di farlo, non saresti quel ragazzo, quell’uomo che tuo padre ed io abbiamo creduto di educare”. Mi alzai dal letto, la presi tra le braccia, piangemmo per qualche minuto insieme e poi l’accompagnai a dormire in una stanza vicina alla mia.
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Il dado era tratto. Il giorno dopo annunciai pubblicamente le mie delimissioni delle società che avevo fondato e con un intervento televisivo e comunicai la mia decisione di scendere in campo, iniziando il mio intervento con una frase semplice che anche voi certamente ricorderete: “L’Italia è il paese che amo“. E questa è in breve la vera storia della mia, della nostra, discesa in campo.
In pochi mesi, con i miei più cari amici, sapemmo dar vita all’unico partito in Italia che ancora è continuatore e interprete della tradizione liberale, della tradizione cristiana, della tradizione garantista, della tradizione europeista. E vincemo le elezioni. Questi valori sono in noi, ci appartengono perché sono quelli più naturali negli uomini liberi del XXI secolo. Noi non siamo professionisti della politica, noi siamo uomini che vengono dal lavoro, dalle professioni, dall’imprenditoria, anche in questo siamo diversi da loro. Loro in maggioranza non hanno mai lavorato, hanno fatto solo politica, hanno parlato, parlato, parlato e soprattutto sparlato.
Se chiedete ad un parlamentare di definire cosa è il comunismo, quali sono i valori del comunismo, molti di loro non lo sanno, o non lo vogliono dire. Non sanno dirti o non vogliono dirti che il comunismo dalla sua origine crede che lo Stato sia superiore a tutto, ritengono che lo Stato debba decidere su tutto. Ritengono che non approvi la proprietà privata. E non tutti vogliono ammettere neppure che il comunismo di Stalin e di Mao tolse ai contadini la proprietà dei loro campi lasciando morire di fame in Cina ma anche in Ucraina e in Russia più di 80 milioni di persone. Solo in Ucraina la carestia provocata artificialmente dai comunisti provocò almeno 5 milioni di morti. Vedete, in tutti i paesi dove il comunismo si è affermato, si sono sviluppate miseria, terrore e limitazioni delle libertà individuali. Dappertutto la realizzazione concreta del comunismo si è dimostrata incompatibile con la libertà e la dignità delle persone. Perché l’ideologia comunista nasce con l’obiettivo della volazione della proprietà privata, che invece è un diritto naturale di ogni essere umano: ogni persona deve avere il diritto di realizzare se stesso, di aspirare al benessere e alla felicità, di costruire con le proprie mani il loro futuro.
Per molti di loro, dei nostri avversari, essere di sinistra è un “partito preso”, è una moda, è un atteggiamento, un modo per fare carriera. Per noi fare politica è invece batterci per i nostri valori, per la nostra libertà, per i nostri figli, per il futuro del nostro Paese, fieri e orgogliosi come siamo dei nostri ideali. Noi siamo anche adesso il pilastro essenziale e reale di questa maggioranza, siamo la spina dorsale di questo governo, per questo siamo ancora in campo, per far sì che le sue decisioni siano davvero corrette, giuste, equilibrate. Noi vogliamo aumentare le pensioni, i salari, gli stipendi che sono rimasti per molti quelli di venti anni fa. Noi vogliamo ridurre la pressione fiscale sotto il 40%, mentre ora è al 44%. Noi vogliamo costruire tutte le infrastrutture necessarie per rendere veramente moderno il nostro Paese.
Ed ora dobbiamo trovare urgentemente anche una risposta al problema della siccità, per far sì che i nostri campi non restino senza acqua e i rubinetti non restino all’asciutto, come purtroppo avviene in alcune nostre città. Abbiamo già cominciato a realizzare questi obiettivi. Il governo in pochi mesi ha portato a casa risultati davvero importanti, dei quali siamo molto, molto orgogliosi. Continueremo su questa strada, con un rapporto leale e costruttivo con i nostri alleati, ai quali ci legano non soltanto un programma comune ma una vera e consolidata amicizia. Voglio ringraziare, per quanto stanno facendo, i nostri ministri, gli altri membri del governo, i nostri capigruppo e tutti i nostri parlamentari che danno un contributo essenziale per qualità e quantità al lavoro del governo. Voglio soprattutto ringraziare tutte le azzurre, i nostri coordinatori regionali e locali: il loro lavoro, il loro impegno, il loro entusiasmo ci consentono di essere la spina dorsale di una coalizione che abbiamo creato noi nel 1994 e che per noi rappresenta la storia, il presente e soprattutto il futuro.
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Cari amici, marca un anno alle elezioni europee. L’Europa è il nostro orizzonte di riferimento. Solo l’Europa può essere protagonista nelle grandi sfide globali, a cominciare da quella che ci oppone all’imperialismo cinese. Dobbiamo far sì che l’Europa diventi un vero continente unito, con regole di voto diverse rispetto a quelle attuali. Dobbiamo passare dall’unanimità alla maggioranza qualificata, che io ho proposto possa essere il voto dell’85% dei Paesi europei. Dobbiamo avere un’unica politica militare con una forte cooperazione tra le forze armate di tutti i paesi europei, con un aumento della spesa militare e con un corpo di pronto intervento di almeno 300.000 uomini.
Purtroppo tutto questo, che io chiedo, dal 2002 non è stato mai realizzato. E purtroppo così l’Europa nel mondo conta poco. Se la Cina, lo dico naturalmente per assurdo, un giorno decidesse di occupare l’Italia e magari qualche altro Paese europeo, non sapremmo assolutamente contrastarla e la cosa migliore che ci converrebbe di fare sarebbe quella di andare a scuola a studiare il cinese.
Cari amici, cari azzurri, in queste settimane ho sentito l’affetto e la partecipazione di tante persone e anche dei nostri avversari politici e naturalmente le ringrazio tutte. Ma è il vostro affetto, il vostro abbraccio quello che più mi ha aiutato a superare una polmonite pericolosissima. Sapevo che un compito importante ci attende e mi attende, per questo non mi sono mai fermato. Neanche in queste settimane: ho lavorato alla nuova organizzazione del partito e per questo ora sono pronto a ripendere, a lavorare con voi, a combattere con voi le nostre battaglie di libertà.
In definitiva, Forza Italia è per noi come una religione laica, la religione della libertà di cui parlava Benedetto Croce, una religione del cuore e della mente, un impegno verso noi stessi, verso i nostri figli, verso tutti gli italiani. E allora, mi raccomando: andiamo avanti così, con convinzione, con entusiasmo, con passione. Nessuno riuscirà a sconfiggerci. E vedrete che gli italiani ci considereranno i loro santi laici, i santi della loro libertà e del loro benessere. Io sarò con voi, con lo stesso entusiasmo e lo stesso impegno del 1994, perché il futuro ha delle nostre idee, il futuro deve garantirci una vera e compresa libertà. Un forte, forte, fortissimo abbraccio a tutti voi.
Silvio Berlusconi
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Il discorso del 6 maggio 2023 è considerato da molti una sorta di testamento politico di Silvio Berlusconi in uno dei suoi ultimi interventi video dall’ospedale San Raffaele di Milano.