Probabilmente, ricordare non serve più. Il Giorno della memoria può tranquillamente essere eliminato dal calendario delle ricorrenze importanti di questo mondo, nessuno ne soffrirebbe, nessuno a parte i diretti interessati.
Il suo significato si è perso. Svanito nei mille cortei “free free palestine”. Nelle interminabili sfilate di odio antisemita mascherate da marce di solidarietà. In tutte le stelle di Davide dipinte sulle tombe degli ebrei morti nei cimiteri italiani, francesi, tedeschi, inglesi, americani. In tutte le svastiche segnate con lo spray sui muri delle sinagoghe. In tutti gli insulti a Liliana Segre e agli altri sopravvissuti allo sterminio. Mandato in fumo con le bandiere di Israele, bandiere di un paese democratico bruciate nelle strade dei paesi democratici.
Oscurato dalla caccia all’ebreo sotto le vesti di rivalità sportiva. Reso muto dalle urla “from the river to the sea”. Distrutto da coloro che ancora parlano di “genocidio” a Gaza e vedono Hamas come una forza di resistenza contro l’usurpatore colonialista. In tutto questo il significato della memoria si perde. Qualche film o qualche documentario non possono competere con la dirompente forza dei cortei del sabato pomeriggio.
Le testimonianze degli scampati ai fuochi crematori tirano fuori al limite qualche lacrima dagli occhi indifferenti degli studenti liceali. Ma il significato si è perduto, così come tante delle forme di civiltà in questo tempo. Per cui, chi ancora vuole, ricordi dentro sé stesso. Un significato ormai individuale, mentre tutto ciò che è collettivo svanisce, ammazzato due volte dalle urla e dalla retorica.
Francesco Teodori, 27 gennaio 2025
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