Sull’Irpef bisogna evidenziare che si sta facendo un dibattito troppo concentrato sulla forma e troppo poco sulla sostanza. In Italia, una aliquota continua che va da 0 a 43% (46% con le addizionali comunali e regionali) la abbiamo già.
Si può certamente ragionare di passare dalla sua formulazione mediante un numero limitato di aliquote marginali e detrazioni decrescenti a una sua formulazione mediante un numero elevatissimo di aliquote marginali racchiuse in un algoritmo, ma il tema centrale dovrebbe essere: per fare cosa? Per abbassare le tasse? E a chi? E alzandole in contropartita ad altri, oppure impiegando quali e quante risorse?
Queste sono le domande su cui governo e maggioranza devono costruire risposte comuni e condivise. Dopodiché ben venga la loro traduzione tecnica in una aliquota continua espressa in forma algoritmica alla tedesca invece che espressa con un numero limitato di aliquote marginali e detrazioni decrescenti all’italiana. Invertire l’ordine del dibattito serve a poco, a meno che l’obiettivo sia proprio quello di dare l’impressione di cambiare tutto perché nella sostanza si sta cambiando poco o pochissimo e per pochissimi.
Perché nulla vieta di vestire alla tedesca una curva paurosamente simile, per non dire identica, a quella che c’è attualmente. Lo sanno anche i sassi che l’unica modifica veramente impellente per il governo è la curva che riguarda i titolari di redditi di lavoro dipendente con reddito complessivo compreso tra 28.000 e 40.000 euro che dall’1 gennaio 2021 resteranno “orfani” della detrazione aggiuntiva decrescente da 1.200 a zero euro con la quale nel secondo semestre 2020 è stato reso graduale lo scalone altrimenti determinato dal bonus 100 euro fino a 28.000 euro.
Enrico Zanetti, 1° ottobre 2020