Esteri

Israele, Iran, Hezbollah: cosa c’è dietro il piano dell’Idf per attaccare in Libano

soldato israele, cartina libano © MarkRubens e Зображення користувача Bumblee-Dee tramite Canva.com

La notizia che in queste ore gira sui siti delle principali agenzia di stampa israeliane e internazionali rivela che i generali dell’IDF di stanza al nord dello Stato Ebraico hanno approvato piani di battaglia offensivi del Libano. Questa notizia, che rimbalza da fonti interne al portavoce dell’esercito conferma solamente che lo Stato Maggiore del nord Israele ha deciso di accelerare la prontezza delle forze sul terreno. Questo mentre gli aerei da combattimento hanno colpito obiettivi di Hezbollah nel Libano del sud.

Le stesse strutture da dove sono partiti nei giorni scorsi i lanci di centinaia di ordigni di tutti i tipi verso il territorio israeliano causando feriti e ingenti danni. Il capo del Comando Nord dell’IDF, Maggiore generale Ori Gordin, e il capo della Direzione delle Operazioni, il Maggiore generale Oded Basiuk, a seguito della recente intensificazione dei combattimenti transfrontalieri con Hezbollah hanno approvato come già detto i piani di battaglia per il Libano e li hanno trasmessi al comando supremo a Tel Aviv.

In altre parole gli alti comandanti hanno preso decisioni riguardanti l’accelerazione della prontezza delle forze sul terreno. L’annuncio è arrivato nel mezzo di ripetuti attacchi da parte di Hezbollah e dei gruppi terroristici palestinesi alleati in Libano verso il nord di Israele e, soprattutto, con la pubblicazione da parte della milizia sciita di un filmato ripreso dall’alto del porto di Haifa girato da un drone che è riuscito a rientrare il Libano.

Non è chiaro quando siano stati girati i circa 10 minuti del filmato pubblicato da Hezbollah e le forze di difesa israeliane non hanno immediatamente commentato il video. In ogni caso Israele ha più volte avvertito che non può continuare a tollerare la presenza di Hezbollah lungo il suo confine a seguito delle atrocità del 7 ottobre e ha avvertito che, qualora non si raggiungesse una soluzione diplomatica, passerà all’azione militare per spingere Hezbollah verso nord così come prevede la soluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 1907 del 2006.

L’IDF ha anche affermato che aerei da combattimento hanno colpito diversi obiettivi di Hezbollah nel sud del Libano, comprese le infrastrutture a Taybeh, Odaisseh e Jebbayn, e un edificio ad Ayta ash-Shab che fungeva da punto di avvistamento. Che la tensione stia ulteriormente salendo lo si può capire da due fatti che sembrano separati ma che invece, a un’attenta analisi, rivelano pericolosi segnali. Il primo riguarda una dichiarazione del ministro degli Esteri Israel Katz: “Siamo molto vicini al momento in cui decideremo di cambiare le regole del gioco contro Hezbollah e il Libano in una guerra totale, Hezbollah sarà distrutto e il Libano sarà colpito duramente”.

Il secondo, sicuramente più importante, è stata una dichiarazione in inglese rilasciata direttamente dal Primo ministro Netanyahu nella quale si è lamentato del comportamento dell’amministrazione Usa nei confronti di Israele che ha pesantemente ritardato, se non del tutto bloccato, gli aiuti militari. Questo, è sempre necessario ricordarlo, nonostante sia stato proprio lo Stato Ebraico ad essere attaccato il 7 ottobre da due organizzazioni terroristiche Hamas e Hetzbollah finanziate e armate dall’Iran.

Iran che non si è mai sognata di bloccare o ritardare le forniture militari alle due organizzazioni terroristiche. L’amministrazione Biden, non è più un segreto, anziché aiutare l’unico alleato che rimane agli Usa in Medioriente, sta cercando accordi con l’Iran, cosa che non è riuscita neanche a Obama e a mezza Europa messa insieme. Basta aprire gli occhi e vedere l’uso che ha fatto Teheran degli accordi sul nucleare.

Anche se da una parte la notizia dell’approvazione dei piani per il Libano fa salire l’asticella della tensione, a meno di fatti gravi che potrebbero far saltare completamente gli equilibri, è lecito, almeno per il momento, sperare che la situazione rimanga nei limiti di una possibile trattativa.

Michael Sfaradi, 19 giugno 2024

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