Esteri

Israele, Palestina, Arabia: che prevede la nuova “Dottrina Biden”

Il presidente Usa ha in mente il riconoscimento di uno stato palestinese smilitarizzato e un rafforzamento Israele-Arabia

Joe Biden

Che Thomas Loren Friedman sia un esperto di Medioriente non ci sono dubbi e a testimoniarlo ci sono ben tre premi Pulitzer che ha vinto nel 1983 e nel 1988, rispettivamente per i reportage dall’invasione israeliana del Libano e per la prima intifada palestinese e poi nel 2002 come commentatore. In Italia, tanto per completare la bacheca dei trofei, gli è stato conferito l’Urbino Press Award 2009. Scrive di politica estera per il The New York Times, di cui è anche stato per anni corrispondente dal Medio Oriente, ed è uno dei più noti opinionisti statunitensi.

Da sempre impegnato sulla risoluzione del conflitto israelo-palestinese e uno dei più assidui fautori della modernizzazione del mondo arabo, in un suo articolo pubblicato sulla Grey Lady (il soprannome con il quale è conosciuto il giornale Newyorkese) ha fatto un’analisi secondo la quale l’amministrazione del presidente Biden sta incoraggiando una nuova dottrina per far avanzare immediatamente la creazione di uno stato palestinese smilitarizzato.

Secondo questa nuova trovata, che viene messa in campo a pochi mesi dalle elezioni presidenziali Usa e che pertanto un suo sviluppo passa per un’improbabile vittoria dello stesso Presidente in carica, gli Stati Uniti darebbero una qualche forma di riconoscimento a uno stato palestinese smilitarizzato in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Stato che vedrebbe la sua costituzione solo dopo che i palestinesi avessero sviluppato una serie di istituzioni e capacità di sicurezza definite e credibili per garantire una convivenza pacifica con Israele. Questa nuova “Dottrina Biden” vede anche un rafforzamento dei legami di Israele con l’Arabia Saudita, fino ad arrivare a una normalizzazione tra Riyadh e Gerusalemme sul modello dei “Patti di Abramo” e il mantenimento di quella sorta di alleanza anti Iran mai firmata ma già esistente nei fatti.

Tutto questo alla luce dell’assalto di massa che Hamas, il 7 ottobre 2023, ha commesso contro le città israeliane di confine con la Striscia di Gaza e che di fatto ha messo l’amministrazione Usa davanti a una situazione dove servono nuove idee per una pacificazione della regione. Secondo Thomas Loren Friedman c’è la possibilità, sempre se l’amministrazione in carica riuscisse a rimanere in carica per un altro mandato, che queste nuove idee di Biden possano diventare il più grande riallineamento strategico nella regione dal trattato di Camp David del 1979.

Partiamo dalla fine, dagli accordi di Oslo del 20 agosto 1993 per il quale Shimon Peres, Yitzhak Rabin e Yasser Arafat hanno vinto il premio Nobel per la pace, all’interno dei quali c’erano una serie di accordi politici e i principi riguardanti progetti di auto-governo palestinese nella Striscia di Gaza e in due delle quattro zone della Cisgiordania.. Le altre due sarebbero poi state discusse in accordi separati. Fra tutti i buoni propositi cosa troviamo? Che lo Stato Palestinese che sarebbe dovuto sorgere doveva essere smilitarizzato proprio per evitare nuove guerre e tensioni.

Era prevista una robusta polizia palestinese che avrebbe tenuto il controllo dell’ordine pubblico e che avrebbe strettamente collaborato con le autorità israeliane, ma non un esercito, non una marina e non una aeronautica militare. Questo non lo dico io, lo dicono gli accordi firmati anche dai palestinesi, basta leggerli nelle traduzioni ufficiali. A questo punto: se di uno Stato Palestinese smilitarizzato già si parlava nel 1993, e c’erano accordi in tal senso, qual è la novità della “Nuova Dottrina Biden”? Perché la riesumazione di un’idea in avanzatissimo stato di putrefazione viene fatta passare come una novità eclatante alla quale nessuno aveva mai pensato prima? E soprattutto, perché qualcuno ancora si ostina a credere che riportare l’orologio indietro al 1993 possa cambiare il futuro che varrà dopo il 2024? Se risposte ci sono, sono sincero, non riesco a vederle.

L’idea di uno Stato Palestinese smilitarizzato non ha funzionato con Arafat nel momento in cui il vecchio terrorista aveva fatto finta di trasformarsi in statista e teneva il popolo adorante sotto un tallone d’acciaio con il calzino di velluto, ed è definitivamente naufragata con la seconda intifada. Come potrebbe funzionare ora che Hamas e i suoi seguaci, sia nella Striscia sia, e soprattutto, all’estero, ripetono come un disco stonato che la Palestina deve essere dal fiume al mare con gli israeliani, loro dicono ebrei perché non sono ipocriti e non hanno timore di sembrare antisemiti, buttati in mare?

Vi ricorda qualcosa? Era esattamente ciò che Gamal Abdel Nasser, il Presidente dell’Egitto ha ripetuto agli ambasciatori accreditati al Cairo e alla Stampa internazionale fino alla sera del 5 giugno 1967. Quello che è poi successo si trova ora sui libri di storia. Ecco, buttare gli ebrei in mare, altra esumazione di un cadavere politico del quale sono forse rimaste solo le ossa, ma che viene clonato ogni volta che bisogna denigrare e delegittimare lo Stato di Israele.

Ora, senza togliere nulla a Thomas Loren Friedman, come si può far passare questo cimitero, anzi questo sito archeologico di idee sbagliate e inattuabili come se fossero l’ultima frontiera? Sappiamo tutti che il New York Times è una costola, anzi, la spina dorsale del Partito Democratico, e capiamo anche che in vista del disastro elettoral-presidenziale, il fiato di Trump sul collo si fa sentire sempre più forte, si avvicina a grandi passi. Ma se era necessaria una marchetta elettorale, una sviolinata al Presidente non si nega mai, perché farla con lo sfondo mediorientale ben sapendo che si tratta di un labirinto senza uscita?

Ma soprattutto: anziché andare a far shopping al camposanto non era meglio il supermercato delle news che arrivano da altri angoli di mondo? Per esempio una nuova dottrina su come risolvere il problema dell’immigrazione clandestina dal Messico verso gli USA sarebbe stato un buon punto di inizio.

Michael Sfaradi, 2 febbraio 2024

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