Cari amici, oggi voglio commentare insieme a voi un articolo di Paolo Di Stefano pubblicato dal Corriere della Sera molto interessante oltre che divertente. É un pezzo sull‘eterno problema italiano della scuola e, in particolare, sull’abitudine dei ministri a modificare l’esame di maturità.
Scrive Di Stefano: “Luigi Berlinguer cambiò quasi tutto: commissioni, prove, punteggi e introdusse crediti. Letizia Moratti volle solo membri interni e un presidente esterno. Fioroni tornò alle commissioni miste e ridimensionò i crediti. Gelmini volle per l’ammissione la sufficienza in tutte le materie. Profumo introdusse un sistema criptato per l’invio delle tracce. Giannini pretese che si valorizzasse l’alternanza scuola-lavoro. Fedeli impose le prove Invalsi come criteri di ammissione e corresse punteggio. Bussetti, infine, ha cambiato il numero delle prove scritte e sistema di voto.”
Di Stefano sostiene che, in realtà, l’esame di maturità non è la priorità della scuola italiana e ha perfettamente ragione. Ma i ministri non solo si sono adoperati nel trasformare ogni volta l’esame di Stato, ma tutti (tranne Bussetti) hanno presentato per ora delle riforme complessive della scuola – più o meno estese, più o meno condivisibili – che sono risultate sempre peggiorative o quasi sempre peggiorative.
Per esperienza personale (ho insegnato nelle scuole professionali agli artigiani del legno agli elettricisti, agli idraulici) ritengo il grave errore della scuola italiana sia stato proprio quello di dequalificare le scuole professionali, che un tempo funzionavano benissimo. Basta pensare a cosa hanno costruito i geometri un tempo in Italia e nelle colonie africane. Insomma, oggi tutti preferiscono il liceo (anche chi non ha alcuna voglia di studiare) ai danni degli istituti professionali, che facilitavano l’ingresso nel mondo del lavoro. Queste scuole sono state dequalificate e proprio l’esame di maturità lo dimostra: ricordo che quando ho fatto il commissario sia il tema che il quiz erano palesemente inaccessibili a chi avesse studiato in una scuola professionale. Erano tarati per lo studente del liceo. A dimostrazione che per il ministero gli studenti delle scuole professionali non esistono…
Alessandro Gnocchi, 23 febbraio 2019