Questo dato dovrebbe farci riflettere molto sull’investimento diretto in Borsa, spesso, quasi sempre per la verità, gestito nell’ottica del “Fai da Te”, una modalità che se va bene per piccoli lavoretti casalinghi, quelli da bricolage per intenderci, non ha mai ragione davvero di esistere in campo finanziario. La diversificazione, che sono pochi tra risparmiatori, consulenti, responsabili di uffici titoli di banche ad applicare davvero, è la vera anima di tutte le virtù finanziarie.
C’è un altro elemento che dobbiamo tenere in gran considerazione. Come evidenziato nella tabella alla voce “Biglietti, Monete e Depositi”, gli italiani detengono più di un terzo dei loro patrimoni in strumenti di liquidità, per la maggior parte in conto corrente, servizio attraverso il quale non solo non è possibile essere remunerati, vista la situazione dei tassi d’interesse, ma dal quale, l’unica garanzia ottenibile è quella legata alle perdite certe in termini di costi fissi, bolli, tassazioni.
Non avendo remunerazione alcuna, i C/C non sono in grado neanche di mantenere il “potere d’acquisto” dei capitali di famiglia, che verranno costantemente erosi anche dall’inflazione. Insomma quel 1390 mld alla voce liquidità rappresenta una palla al piede non da poco per il futuro delle famiglie del Paese. I risparmi rappresentano una delle poche garanzie a cui gli Italiani potranno aggrapparsi in caso di necessità. Bisognerebbe fare in modo da farli crescere quanto più è possibile, invece che contabilizzare perdite che nel tempo si fanno sempre più consistenti.
Ce lo racconta anche la ricerca Global Wealth Migration Review 2019: negli ultimi 10 anni abbiamo perso il 14% del valore dei nostri risparmi. Con il nostro debito pubblico, una situazione previdenziale complicata; con le difficoltà per i nostri ragazzi di entrare nel mondo del lavoro e con il veloce invecchiamento della nostra società, perdere ricchezza è l’ultima cosa che possiamo permetterci di fare.