Italia peggio dell’Ungheria: Salis libera, Toti prigioniero

Il Gip rigetta l’istanza di revoca dei domiciliari per il governatore, presunto innocente. E invece Budapest brutta e cattiva scarcera Ilaria

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È incredibile come due eventi distanti, eppure simili, a volte finiscano col coincidere dal punto di vista temporale così da mettere a nudo l’ipocrisia del dibattito pubblico. Soprattutto giornalistico e politico. Da una parte c’è Ilaria Salis, che oggi l’Ungheria ha scarcerato seduta stante non appena ha avuto “il pezzo di carta” che attestava la sua elezione all’Europarlamento. Dall’altra Giovanni Toti, un governatore eletto democraticamente, che però resterà ai domiciliari contro ogni logica del buon senso.

Partiamo da un principio: Toti e Salis stanno vivendo la stessa identica situazione giudiziaria. Sono entrambi innocenti. Sono entrambi indagati. Ed entrambi sono stati posti agli arresti domiciliari, con l’unico particolare che Ilaria prima s’è fatta un anno di galera vera e propria. Le accuse differiscono, sia per entità che per gravità (all’attivista antifascista viene contestato l’aver spaccato la testa ad un neo-nazi; al governatore invece di aver elargito favori ad alcuni imprenditori in cambio di finanziamenti al suo comitato elettorale), ma entrambi non sono ancora stati giudicati per quei presunti reati. Per chi, come noi, il garantismo è una cosa seria, Ilaria resta innocente fino a prova contraria. E della sua innocenza presunta devono essere convinti anche Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, altrimenti non l’avrebbero candidata a Bruxelles per toglierle le catene dai polsi. Allo stesso modo, il discorso deve valere per Giovanni Toti: è e resta innocente, fino a celebrazione del processo.

Invece no. Il discorso per lui non vale. Infatti Bonelli e Fratoianni – in un’orgia di ipocrisia – hanno chiesto le dimissioni del governatore considerandolo già colpevole. E nessuno protesta se il Gip prolunga la carcerazione preventiva di Toti.

Senza contare che le motivazioni addotte dal giudice fanno rabbrividire. Toti deve restare recluso perché “è evidente, anche alla luce dei recenti sviluppi investigativi, la permanenza del pericolo che l’indagato possa reiterare analoghe condotte – peraltro ritenute pienamente legittime e corrette dal predetto – in vista delle prossime competizioni elettorali regionali del 2025 (o di ulteriori eventuali competizioni elettorali), per le quali aveva, peraltro, già iniziato la relativa raccolta di fondi“. Ci rendiamo conto? Il Gip ha dunque spostato avanti il calendario: prima le imminenti europee, ora le prossime regionali dove – peraltro – non può correre essendoci il limite dei due mandati. E perché allora non tenerlo dentro anche in vista delle politiche del 2027? O delle europee del 2029? Che vuoi che sia togliere la libertà ad un cittadino innocente fino a prova contraria? Qui siamo ben oltre la “carcerazione preventiva”. Siamo alla prigionia. O meglio: alla richiesta di dimissioni da parte del potere giudiziario.

Secondo il Gip infatti il pericolo di reiterazione del reato deriva dal fatto stesso di essere governatore. Rivestendo ancora le stesse funzioni, potrebbe nuovamente metterle “al servizio di interessi privati in cambio di finanziamenti”. Tradotto: per tornare in libertà, Toti deve dimettersi. Solo così verrebbero meno le ragioni che ne giustificano la detenzione. Dimissioni, dunque. In barba al voto dei cittadini. E in barba alla fiducia che il Consiglio regionale gli ha confermato pochi giorni fa.

E allora ci troviamo di fronte ad un paradosso. Il paradosso di vedere “l’orbaniana” Ungheria -dove lo stato di diritto secondo alcuni non esisterebbe- che non esita a scarcerare Ilaria in virtù della sua elezione. E dall’altra la democratica Italia dove un governatore, che si dichiara innocente, verrà privato della libertà sulla base di indizi e accuse tutte da confermare. Cari Bonelli e Fratoianni, ci ricordiamo bene le vostre ire quando i giudici ungheresi negarono la prima volta i domiciliari a Ilaria e quando si rifiutavano di liberarla. Dunque è arrivato il momento di farsi sentire. Per Toti.

Giuseppe De Lorenzo, 14 giugno 2024

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