Si potrebbe dire che questa è la prima vera epidemia dell’era dei social. Che forse hanno avuto una certa responsabilità nell’amplificarla e nel terrorizzarci. Mai la diffusione della paura è stata così istantanea. Così come la propagazione di immagini, di sonori, di considerazioni e di bufale. D’altra parte sono gli stessi social che probabilmente hanno reso i nostri arresti domiciliari meno pesanti. Sarebbe interessante un’analisi meno superficiale delle croci e delle delizie che la rete ci ha provocato in questa vicenda.
L’unica cosa che non ci ha mollato è stata la rete di telecomunicazioni. Bisogna dire che la nostra vecchia Telecom, oggi Tim, e i suoi doppini, così come la sua fibra sulle dorsali, le sue connessioni mobili insieme a quelle dei competitor, hanno retto alla grande. Immaginatevi un lockdown senza videoconferenze (che termine ormai antico); sarebbe stato decisamente più pesante e meno gestibile. Anche la logistica, le consegne porta a porta (che termine ormai antico, anche questo), il postal market dei viveri come dei gadget ha funzionato alla grande. Ma in questo caso si può ritenere che un certo vantaggio sia anche derivato dalla totale mancanza di traffico alternativo a quello merci. Discorso diverso per la telefonia, per le reti mobili e per quelle fisse, che sono state intasate più che mai. Con lo svantaggio, da non sottovalutare, che l’utilità marginale, in termini di profitto, da parte dei gestori è stata minima.
Il sistema di tariffazione più utilizzato dagli italiani, per quanto riguarda i dati, è quello flat, piatto e non a consumo. Insomma, entro certi limiti che alcuni operatori hanno generosamente allargato, il maggior consumo non ha corrisposto ad un maggior costo per l’utente finale. A ciò si aggiunga la mancanza di entrate, che sono molto ghiotte, derivanti dal cosiddetto roaming: zero turisti, zero roaming. La questione è delicata, perché in un sistema in cui le infrastrutture fisiche sono un colabrodo, in pochi si rendono conto di come quella tecnologica, pur con le sue differenze relative da zona a zona, abbia retto egregiamente. Ci sono dei folli che non amano il 5G, ma nel passato c’erano dei pazzi che ostacolavano anche il 3 e il 4G, in nome di possibili rischi per la salute. Gli stessi ipocriti che al balcone ci dicevano che tutto andrà bene, magari cantando e facendosi riprendere in videoconferenza a beneficio dei parenti lontani. L’infrastruttura tecnologica ha passato questo incredibile stress test. E per di più nel Paese che ha le tariffe più basse.
Andando a scartabellare i dati di Tim, che detiene di fatto la gran parte della rete fissa italiana e della fibra insieme a Open Fiber e Metroweb, si nota inoltre il tipo di consumo degli italiani. È incredibile come il picco di domanda sia avvenuto in coincidenza con l’aggiornamento di un gioco (Fortnite) molto popolare tra i giovani e precisamente l’11 di marzo. Altro che zona rossa, quello è il giorno del gaming. In assoluto lo stress maggiore per la rete è stato quello festivo del 14 marzo e quello feriale del 27 marzo (in termini di volumi). Tra le 9 e mezza e le 16 e 30, la rete fissa di Tim ha dovuto subire incrementi di volume che hanno sfiorato il 120 per cento in più rispetto al preCovid.