È grande la preoccupazione per le possibili ripercussioni dei dazi firmati da Donald Trump, ma c’è qualche fattore che lascia ben sperare. Sì, perchè la qualità dei prodotti italiani continua a fare la differenza e molti americani non sembrano intenzionati a privarsi delle eccellenze tricolori. L’indagine targata Centromarca ha acceso i riflettori sull’impatto che le tariffe a stelle e strisce avranno sull’industria di marca ed è emerso un dettaglio che consente un cauto e parziale ottimismo.
Se è vero che la decisione di Trump crea una discontinuità senza precedenti nel mercato globale e ci vorrà tempo e un’attività diplomatica di vasta portata per recuperarla, c’è da dire che sei americani su dieci continueranno almeno a spendere le stesse cifre per i prodotti nostrani, se non di più. Entrando nel dettaglio della ricerca condotta in questi giorni negli Stati Uniti da YouGov per Centromarca, circa la metà dei consumatori americani utilizza prodotti grocery italiani: il 14 per cento lo fa ogni settimana, mentre il 25 per cento mensilmente. Ebbene, il dato che emerge dallo studio è incoraggiante. Se è vero che in merito all’effetto dazi solo il 16% dei consumatori totali americani afferma di essere disposto a pagare di più per acquistare prodotti grocery italiani, il 48% dice di essere disposto a spendere la stessa cifra che sborsa per altri prodotti. Ma è soprattutto sui consumatori abituali di prodotti grocery made in Italy che bisogna porre l’attenzione. Cosa farà, una volta diventati operativi i dazi, chi oggi acquista ogni spesso un prodotto italiano? Beh: “Fatto cento coloro che consumano prodotti grocery made in Italy, il 47% asserisce che in caso di aumento dei dazi manterrebbe la quantità di prodotti italiani acquistati, mentre il 30% la ridurrebbe”.
Tra gli elementi che guidano l’acquisto del made in Italy, infatti, primeggiano qualità percepita, reputazione della marca e rapporto qualità/prezzo. E certe cose non si sostituiscono facilmente. Tra i prodotti usati abitualmente dagli americani nelle prime cinque posizioni si trovano pasta (50 per cento di citazioni), seguita da olio di oliva (46 per cento), formaggi (38 per cento), salse (37 per cento) e vino (33 per cento). Insomma, la voglia dei prodotti italiani sembra poter superare lo scoglio dei dazi. Meglio il Parmigiano del Parmesan, così come è meglio la Gorgonzola di altri formaggi poveri di sapore. Emblematico l’amore dei cittadini statunitensi per il nostro olio d’oliva, per il Prosecco DOP o ancora per il caffè. Insomma, un consumatore abituale su due è disposto ad affrontare la stretta di Trump – e dunque tariffe più corpose – pur di non privarsi del nostro food & beverage.
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Per il 54 per cento dei consumatori statunitensi, infatti, acquistare un prodotto alimentare di marca italiana è sinonimo di bontà, per il 49 per cento di qualità delle materie prime, per 36% di sicurezza e tutela della salute. E allo stesso tempo il mercato Usa rappresenta uno sbocco vitale per le produzioni grocery alimentari e anche per quelle non food italiane. In soldoni: tra il 2023 e il 2024 l’incremento delle importazioni a valore negli Usa è stato del +16 per cento, da 8,5 a 9,9 miliardi di euro. L’alimentare è passato da 6,8 a 8,0 miliardi di euro, mentre i prodotti per la cura della casa e della persona da 1,7 a 1,9 miliardi di euro. Impressionante la crescita del fatturato grocery dal 2014 al 2024: +161 per cento, da 3,8 a 9,9 miliardi di euro.
Insomma, la situazione è delicata ma va affrontata con saggezza. Come evidenziato anche dal premier Giorgia Meloni, la priorità è evitare la guerra dei dazi. Così Vittorio Cino, direttore generale di Centromarca: “Come industria di marca non auspichiamo rappresaglie commerciali, che inasprirebbero ulteriormente le tensioni internazionali. Facciamo nostre le considerazioni del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quando chiede una risposta europea serena, compatta e determinata. Auspichiamo che l’Unione vari un’attività di negoziazione a tutto campo per tutelare gli interessi sociali ed economici della popolazione e delle imprese”.
Sia chiaro: non è tutto rose e fiori. Anzi. Secondo quanto evidenziato da Coldiretti, i dazi fissati da Trump sui prodotti agroalimentari Made in Italy porterà a un rincaro da 1,6 miliardi per i consumatori americani e potrebbe costare 3 miliardi di euro all’anno di mancati introiti per il settore produttivo italiano. Inoltre, uno degli allarmi circolati nelle scorse ore è il boom dell’italian sounding, ossia della diffusione di prodotti tarocchi: se il vero Parmigiano costa troppo, il consumatore Usa potrebbe virare sul Parmesan e imitazioni varie. “I dazi al 20% si aggiungeranno a una tassazione già esistente – dice Matteo Prandini a Repubblica – La filiera più colpita sarà quella del lattiero-caseario, dove le tasse arriveranno al 35%. Gli americani pagheranno 6 euro di tasse su un chilo di Grana Padano invece degli attuali 2,4 euro. Rischiamo di passare da un mercato di fascia media a uno di nicchia”. La ricerca di Centromarca lascia aperto uno spiraglio sulle possibili ripercussioni, ma guai a sottovalutare il dossier. E soprattutto, come spiega Prandini, “dovremo lavorare affinché gli americani riconoscano sempre di più la qualità dei nostri prodotti”.
Franco Lodige, 4 aprile 2025
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