Jannik Sinner, sei già nella leggenda

Con la vittoria agli US Open l’azzurro ha sostanzialmente blindato la posizione n. 1 del ranking

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Sinner US Open 02

Si scrive “Jannik”, si legge “storia del tennis italiano”. Con il trionfo agli US Open, il fuoriclasse di Sesto Pusteria, a soli 23 anni, ha scritto una nuova e gloriosa pagina del tennis azzurro. Dopo aver messo in bacheca gli Australian Open a gennaio (nessun italiano in precedenza aveva conquistato la vittoria sul veloce di Melbourne nel singolare), Jannik ha sfatato anche il tabù US Open diventando il primo tennista azzurro ad imporsi in due tornei dello Slam nella medesima stagione. Allo stesso tempo ha agganciato a quota due Slam conquistati in carriera un mostro sacro del nostro tennis come Nicola Pietrangeli, in grado di mettere a segno un back to back al Roland Garros tra il 1959 ed il 1960.

Se da un lato, complice anche la giovane età di Jannik (ricordiamo che stiamo parlando di un classe 2001), ci troveremo spesso ad aggiornare dati statistici quali vittorie e nuovi record stabiliti, il successo maturato a Flushing Meadows ha un peso specifico enorme, con ogni probabilità superiore a quello del trionfo australiano. A Melbourne Jannik aveva “rotto il ghiaccio”, conquistando il primo Slam in carriera alla prima finale disputata e creando i presupposti per quell’ascesa al vertice del tennis mondiale che di lì a poco lo avrebbe portato ad issarsi al numero 1 della classifica ATP.

Vincere gli US Open da prima testa di serie del torneo ed accreditato dei favori del pronostico, con tutta la pressione e lo stress che ne consegue, dimostra una volta di più la grande crescita, non solo tecnica ma anche mentale, del campione azzurro. Da sottolineare poi come la marcia di avvicinamento di Jannik all’ultimo Slam stagionale non fosse stata delle più rilassanti e rilassate con il deflagrare della vicenda clostebol, l’assoluzione per assunzione inconsapevole e la successiva interruzione della collaborazione con due membri del suo staff (preparatore atletico e fisioterapista).

Da vero fuoriclasse qual è Sinner ha risposto sul campo senza lasciarsi scalfire da un contesto ambientale non particolarmente favorevole e disteso ed evidenziando una superiorità quasi disarmante rispetto agli avversari che ha incrociato nel suo percorso newyorkese. Nei sette match disputati sul cemento dell’Artur Ashe Stadium ha lasciato per strada complessivamente la miseria di due set, peraltro nei due match che per motivazioni differenti si sono rivelati quelli maggiormente complicati. Il primo all’esordio con lo statunitense Mc Donald in un match da prendere con le molle, non tanto per la caratura dell’avversario quanto per le insidie che tradizionalmente nasconde la prima partita di uno Slam con l’aggiunta che Jannik ci arrivava con un fardello emotivo non trascurabile.

Il secondo nei quarti con Medvedev in quella che in molti avevano definito – a ragione – la finale anticipata del torneo in virtù delle precoci eliminazioni di Alcaraz e Djokovic, usciti rispettivamente al secondo e terzo turno al cospetto di avversari non “impossibili”. Quella tra l’azzurro ed il russo è ormai una classica del tennis mondiale contemporaneo (dal 2020 ad oggi si sono incrociati ben 13 volte) e la capacità di Medvedev di mandare fuori giri i propri avversari, portandoli spesso e volentieri a “giocare male”, lo rende uno dei tennisti più ostici dell’intero circuito ATP. Jannik ha saputo interpretare la sfida in modo eccellente sotto il profilo tattico, con variazioni di gioco continue ed un ampio ventaglio di soluzioni con colpi quali smorzate e tocchi a rete che hanno tolto punti di riferimento al russo permettendogli di portare a casa la sfida con pieno merito.

Che dire poi dell’autorevolezza mostrata in finale contro l’idolo di casa Taylor Fritz; di fronte ad un centrale “ostile” che sperava in una vittoria a stelle e strisce (che manca dal 2003 quando a trionfare fu Andy Roddick) Jannik ha condotto il match con grande sicurezza senza mai dare un segno di reale cedimento e spegnendo sul nascere qualsiasi velleità di rimonta dell’avversario (archiviando la pratica in tre set e poco più di due ore di gioco). In un 2024 da incorniciare, in cui ha messo in bacheca 2 titoli dello Slam (cui si aggiungono 2 Master 1000 e 2 tornei ATP 500) e raggiunto la vetta della classifica ATP quali sono gli obiettivi cui Jannik può puntare per chiudere al meglio una stagione di per sé già fantastica?

Con la vittoria agli US Open l’azzurro ha sostanzialmente blindato la posizione n. 1 del ranking (il vantaggio rispetto al n. 2 Zverev supera i 4mila punti) e non si vedono all’orizzonte avversari in grado di scalzarlo dal trono di re del tennis mondiale da qui a fine anno; ad attenderlo ci sono poi le ATP Finals di Torino dove può legittimamente puntare alla vittoria per fregiarsi del titolo di “Maestro del Tennis” e conquistare quel trofeo sfuggitogli lo scorso anno (sconfitta in finale con Djokovic). Se poi, come tutti speriamo, in settimana l’Italia supererà il proprio girone di Coppa Davis a Bologna (Brasile, Belgio e Olanda sulla strada degli azzurri di Volandri), a fine novembre ci sarà una prestigiosa insalatiera da difendere in quei di Malaga.

Dopo averci letteralmente preso per mano nel 2023 regalandoci una vittoria attesa da 47 anni, con uno Jannik così, sempre più maturo e consapevole della propria forza, perché non sognare uno storico bis in terra iberica?

Enrico Paci, 9 settembre 2024

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