In un contesto politico già vibrante di tensioni, la decisione del presidente Joe Biden di impiegare il suo potere di grazia presidenziale per il figlio Hunter Biden ha agitato ulteriormente le acque. In una mossa che ha acceso il dibattito nazionale, Biden senior ha optato per un atto di clemenza nei confronti di suo figlio, di 54 anni, che si trovava ad affrontare gravi imputazioni legali, tra cui possesso illegale di armi da fuoco e evasione fiscale, che avrebbero potuto tradursi in decenni di reclusione.
Hunter Biden era accusato in Delaware di aver acquistato illegalmente un’arma da fuoco nel 2018, nascondendo la sua dipendenza da sostanze stupefacenti, e di evasione fiscale (in California)v. Il primo reato gli avrebbe potuto costare fino a 25 anni di carcere, mentre il secondo fino a 17 anni. Le sentenze relative a queste accuse erano previste per le prossime settimane.
Joe Biden, in un comunicato, ha condiviso le sue riflessioni sulla decisione, evidenziando la sofferenza patita da Hunter, vittima di quella che lui definisce una “persecuzione selettiva e ingiusta“. Ha espresso il desiderio che gli americani possano comprendere la motivazione dietro a un gesto tanto personale, quanto presidenziale. “Attraverso lui – ha spiegato – volevano spezzare me. Quando è troppo è troppo”. “Nessuna persona ragionevole – ha aggiunto il Presidente – che guarda ai fatti dei processi a Hunter può arrivare a una conclusione diversa da quella che sia stato preso di mira perché è mio figlio, e questo è sbagliato. C’è stato un tentativo di spezzarlo che da cinque anni e mezzo è sobrio anche davanti ad attacchi implacabili e a un’azione penale selettiva”. Hunter, da parte sua, ha promesso di impegnarsi in favore di coloro che lottano contro le dipendenze, riconoscendo i propri errori e criticando l’uso politico delle sue vicende personali contro la sua famiglia.
Il gesto del presidente non è sfuggito alla critica di Donald Trump, che su Truth, la sua piattaforma social, ha ironizzato sulla decisione, domandandosi come mai anche gli americani accusati dell’assalto a Capitol Hill non dovrebbero godere dello stesso trattamento. Biden, peraltro, aveva sempre promesso che non sarebbe intervenuto nelle questioni giudiziarie del figlio, cercando di segnare una differenza di stile con Trump. Differenza che i giornali progressisti avevano sempre sottolineato e che adesso viene meno. “Credo nel sistema giudiziario – ha detto Joe – ma mentre riflettevo su questa situazione, ho anche ritenuto che la politica abbia infettato questo processo e abbia portato a un errore giudiziario”.
La controversa scelta di Biden ha sollevato perplessità e critiche sia dal fronte repubblicano che da quello democratico. James Comer, esponente repubblicano, ha accusato il presidente di mentire (aveva assicurato, infatti, che non si sarebbe intromesso), mentre Jared Polis, governatore democratico del Colorado, ha espresso rammarico per la scelta di Biden di privilegiare il legame familiare sugli interessi nazionali, temendo che possa stabilire un precedente pericoloso.
Questa concessione di grazia solleva interrogativi critici sull’integrità della giustizia americana e sulle tensioni tra responsabilità personali e pubbliche del presidente. In un periodo di marcata polarizzazione politica, l’azione di Biden alimenta il dibattito sull’uso del potere presidenziale e sulle conseguenze per la sua eredità politica e la percezione pubblica dell’imparzialità della giustizia. Se Sleepy Joe ha concesso la grazia a suo figlio, ipotizzando una “persecuzione politica” tutta da dimostrare, perché Trump non dovrebbe fare altrimenti, per amici e donatori, oppure concedendosi da solo la grazia una volta arrivato al potere?