Nel libro L’ultimo papa d’Occidente? Giulio Meotti traccia una panoramica chiarissima non solo e non tanto del pontificato di Joseph Ratzinger ma del suo pensiero, in particolare della strettissima relazione tra cristianesimo e tradizione culturale occidentale. Per Meotti, Bendetto XVI è l’emblema della storia occidentale ma soprattutto della grande identità europea che viene progressivamente attaccata e svilita fino a condannarsi all’autodistruzione.
Nella figura di Ratzinger è racchiusa una parta fondamentale di quella cultura e quella storia millenaria che hanno fatto dell’Europa cristiana il centro del mondo da cui si sono irradiate in tutte le direzioni la civilizzazione, la cultura e la ragione. L’Europa è infatti un continente culturale e non geografico. È la sua cultura che le dona una identità comune; e le radici che hanno permesso la formazione di questo continente affondano nel cristianesimo.
Ratzinger aveva compreso con chiarezza e massima preoccupazione che esistono oggi «forme sottili di dittatura: un conformismo che diventa obbligatorio, pensare come pensano tutti, agire come agiscono tutti, e le sottili aggressioni contro la Chiesa, o anche quelle meno sottili, dimostravano secondo lui come questo conformismo potesse realmente divenire una sorta di peculiare dittatura».
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Questo conformismo culturale che così tanto lo preoccupava si veste di due abiti all’apparenza estranei eppure assolutamente complementari ossia il relativismo e la dittatura della maggioranza. In sintesi: non esiste più alcuna verità se non quella che la maggioranza dice sia la verità, ossia la verità diviene ciò che crede la maggioranza. Ecco dove il relativismo e la dittatura della maggioranza divengono una sola cosa. E Ratzinger vedeva in questa situazione il massimo pericolo della cultura contemporanea.
Michele Silenzi, 5 agosto 2023