Non si fermano i tentativi americani per far scendere a patti Zelensky e Putin. Mentre Mosca appare più propensa ad intraprendere la via diplomatica, soprattutto dopo la ritirata da Kherson, stessa cosa non si può dire per Kiev, dove il governo ha ribadito la volontà di raggiungere l’obiettivo originario: il ripristino dell’integrale sovranità ucraina, Crimea e Donbass annessi.
La giornata di ieri è stata segnata da una pioggia di missili in numerose città ucraine, in particolare nella periferia della capitale e nelle zone di Dnipro. Diverse esplosioni sono state segnalate anche nella città di Dzhankoy, nel nord della penisola di Crimea, dove è stato colpito un aeroporto russo. Il tutto succedutosi dopo le ore di tensione dovute alla caduta dei due missili ucraini (all’inizio si presumeva fossero russi) in Polonia, provocando la morte di due persone. Ma è stata la stessa Nato ad aver cassato qualsiasi ipotesi di applicazione dell’articolo 5 del Patto del Nord Atlantico, che andrebbe nei fatti ad obbligare l’alleanza a partecipare direttamente al conflitto tra Russia e Ucraina.
Anche per questo rischio, conciliato con l’ottimo risultato della resistenza a Kherson, è il Pentagono ad essere tra gli organi più attivi per porre fine alla guerra. Secondo il generale Usa Milley, sarebbe ancora possibile trovare “una soluzione politica”, anche perché “la probabilità di una vittoria militare ucraina, ovvero che i russi siano cacciati da tutta l’Ucraina, non è alta“. Le parole susseguono l’invito dello stesso militare statunitense di pochi giorni fa a porre “obiettivi realistici” e valutare “il riconoscimento della Crimea”, in mano russa dal 2014; nonché di sfruttare l’arrivo della stagione invernale (dove i combattimenti rallenteranno inesorabilmente) “per negoziare una pace”.
Un intervento apprezzato dalle stanze dei bottoni del Cremlino, dove il portavoce del presidente della Federazione, Dmitri Peskov, ha intimato la Casa Bianca a continuare ad esercitare la propria sfera di influenza sul governo ucraino. “Washington è in grado di esercitare un’influenza su Kiev, rendendola più flessibile, se lo desidera”, ha affermato Peskov, pur ribadendo la volontà russa di continuare “l’operazione speciale”.
Non si è fatta attendere neanche la risposta del presidente ucraino Zelensky, che rimane restio (almeno in questo momento) ad intavolare negoziati col nemico: “La pace in Ucraina è un bisogno globale. Sottolineo: non è una pausa temporanea, non un’illusione di pace con cui la Russia tenta solo per preparare una nuova fase di aggressione, ma la vera pace. So che può essere raggiunto. Ma per questo dobbiamo preservare l’unità globale e continuare a sostenere la nostra lotta per la libertà. È necessario proteggere l’onestà globale e aumentare la pressione sulla Russia per il terrore. Ed è necessario preservare la razionalità globale”.
Che tra gli Usa e Kiev si stiano creando delle divergenze appare ormai chiaro. Prima le critiche americane per l’attentato a Daria Dugina e al ponte in Crimea, poi la smentita di Biden sul missile piombato in Polonia. Mentre l’Ucraina accusava Mosca, a Bali il presidente americano lavorava per freddare gli animi ed evitare l’ingresso in guerra della Nato. È noto che dalle parti di Washington non abbiano apprezzato il tiro al rialzo di Kiev. Tant’è che oggi, alla domanda di un giornalista sulla convinzione di Zelensky che il missile non sia ucraino, Biden ha liquidato il presidente ucraino con poche parole: “Questo non è ciò che dicono le evidenze“.
Il fatto è che per Zelensky, la vera pace può essere garantita solo con la cacciata dei russi da tutto il territorio ucraino. Il rischio che possa ripetersi l’attuale scenario, con una prima invasione nel 2014 per poi sferrare l’attacco completo qualche anno dopo, rimane la preoccupazione principale tra le stanze di Kiev. Eppure, il dubbio rimane: come e quando l’Ucraina riuscirà a raggiungere il fatidico obiettivo? Ad oggi, lo scenario geopolitico parla chiaro: quella che doveva essere una guerra-lampo si sta trasformando in un estenuante conflitto di trincea. E la fine dei combattimenti si fa sempre più lontana.
Matteo Milanesi, 17 novembre 2022
Articolo modificato con aggiornamenti alle 15.00