La Basilicata è senz’acqua nel silenzio generale

Potenza e altri 28 comuni della regione stanno vivendo un’emergenza idrica senza precedenti. E non c’entra il cambiamento climatico

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Crisi idrica

C’è un luogo in Italia dove, da più di un mese, sembra di essere tornati ai tempi del Covid. È un posto lontano dai grandi riflettori dei palazzi della politica romana, difficilmente raggiungibile e popolato da poche persone che meriterebbero però la stessa dignità di tutti gli altri connazionali. Stiamo parlando di Potenza, il capoluogo di regione della Basilicata, e di altri 28 comuni del suo hinterland, che stanno vivendo un’emergenza idrica senza precedenti.

In questa parte troppo spesso dimenticata di Sud, nelle case di oltre 140mila cittadini infatti l’acqua esce dai rubinetti solo per metà giornata (orientativamente dalle 7 alle 18, ma gli orari comunicati dall’Acquedotto Lucano non vengono mai rispettati fino in fondo e variano da zona a zona). Per il resto del tempo si vive come si faceva una volta, ci si lava o si cucina con le bacinelle riempite all’occorrenza o con le buste da 5 litri distribuite dalla Protezione Civile nei punti di raccolta sparsi qua e là in città e nei paesi.

Insomma si faceva riferimento al Covid perché, quando cala il sole, in questa provincia è come se scattasse di nuovo il coprifuoco. D’altronde la mancanza di acqua sta mettendo in ginocchio anche decine di attività produttive, come bar o ristoranti. Alcuni hanno preferito addirittura chiudere a cena, altri sono stati costretti ad acquistare piccoli serbatoi per garantire servizi accettabili ai clienti. E tutto questo, lo diciamo con chiarezza, non dipende dalla siccità o dal cambiamento climatico. È vero, non piove più come prima, ma il problema qui è strutturale.

In parole semplici: non si è mai fatta manutenzione e a dimostrarlo ci sono i dati. Uno su tutti: la Basilicata è la regione che perde più acqua nelle proprie reti idriche, parliamo del 65,5% di dispersione (la media nazionale è del 42,2%, fonte Istat). Potenza è inoltre in cima alla classifica dei capoluoghi con il 71%. Ciò significa che nella città di Roberto Speranza (l’ex ministro della Salute è nato e cresciuto qui) su 10 litri d’acqua, 7 vengano persi nelle tubature.

Così, mentre dai rubinetti delle case non esce nulla, dalle perdite documentate anche da video denuncia pubblicati sui social, è possibile ammirare cascate estemporanee che vengono fuori dalle condutture. Oltre al danno dunque la beffa. E pensare che la Basilicata è sempre stata terra di grandi risorse idriche, garantisce l’acqua infatti anche alle regioni limitrofe, alla Puglia e alla Calabria. Per intenderci, i bacini lucani soddisfano le esigenze di 5 milioni di persone. Ma non dei 140mila cittadini del suo capoluogo che hanno visto invece piano piano prosciugarsi il lago artificiale che li ha sempre riforniti, la diga della Camastra. E qui si apre un altro capitolo di questa incredibile storia tutta italiana.

Oltre alla vergognosa dispersione di cui abbiamo parlato sopra, la diga della Camastra (principale fonte idrica della zona e isolata dal resto della rete) è a secco anche per motivi burocratici. In funzione dal 1964 non ha mai ottenuto il collaudo ufficiale, funziona cioè in “esercizio sperimentale”. In sostanza non ha mai potuto raggiungere la capienza massima di 32 milioni di metri cubi d’acqua. La mancanza di interventi adeguati inoltre ha provocato un enorme accumulo di fanghi sul fondo che hanno ostruito gran parte del bacino. Ma non è finita qui perché nel 2019, a causa di un cambiamento normativo e non climatico dunque (parliamo di un aggiornamento delle regole sulla sicurezza e sulla prevenzione sismica delle paratoie), la sede di Napoli dell’ufficio tecnico dighe del ministero delle Infrastrutture ordinò di svuotare una parte consistente del lago artificiale. Così il livello dell’acqua fu ulteriormente abbassato di circa 7 metri.

Risultato: i lucani del potentino oggi sono rimasti senza acqua. Per risolvere l’emergenza, in fretta e furia gli enti preposti hanno deciso di attingere alla fonte idrica più vicina ovvero al Basento, un fiume considerato da molti cittadini decisamente troppo inquinato. In effetti in questi anni alcune imprese sono state chiuse dalla magistratura proprio per i danni ambientali provocati. Ma i dati pubblici dell’Arpab (l’agenzia regionale per la Protezione dell’Ambiente) hanno chiarito come non ci sia alcun rischio per la salute dei cittadini. L’acqua viene prelevata dal Basento e prima di arrivare nelle case viene trattata da un potabilizzatore. Tantissima gente però non si fida più e così in questi giorni è nato un comitato che sta provando a contrastare in ogni modo la soluzione individuata.

Non bastano più infatti le rassicurazioni delle istituzioni, ma soprattutto non basta l’acqua perché in ogni caso il fiume resta una risorsa limitata che non potrà garantire acqua 7 giorni su 7, 24 ore al giorno. E dunque bene, ma non benissimo. Forse Carlo Levi aveva proprio ragione: Cristo si è fermato ad Eboli. Purtroppo. Aggiungiamo noi.

Claudio Rinaldi, 1° dicembre 2024

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