Oltre alla vocazione libertaria, quella da economista percorre l’intera opera, esplicitandosi nella difesa del libero mercato, della proprietà e dell’impresa private; questo non solo perché la loro regolazione da parte dello Stato è a tutti gli effetti quell’azione aggressiva e coercitiva nei confronti di un non-aggressore di cui sopra, ma anche perché nell’ambito dell’impresa privata incrementare la sicurezza e disincentivare condotte spiacevoli diverrebbe un interesse, che sarebbe, in quanto tale, perseguito in maniera più immediata e libera di quanto non lo sia sotto il sistema statale del divieto assoluto.
Una precisazione si rende però necessaria: come l’autore stesso ha premura di sottolineare nella postfazione, il libertarismo è una filosofia politica e riguarda esclusivamente l’uso della forza. Non implica, invece, il giudizio morale. Il libertario non è necessariamente un libertino. Block si ritiene un conservatore culturale e in quanto tale crede che “le perversioni sociali e sessuali” siano immorali, degradanti, peccaminose e vadano evitate del tutto.
Proprio questa presa di posizione è ciò che fa di Difendere l’indifendibile un esercizio di onestà intellettuale senza pari, poiché insegna come tenere lontane il sentimentalismo e la suscettibilità dalla ragione, restituendo ad essa quella facoltà di discernimento ad oggi assopita nei discorsi di questo nuovo progressismo repressivo ma anche un po’ naïf.