Anni a discutere, a tentar di capire, chi scrive ci ha fatto su anche un libro, ma sugli influencer siamo ancora al problema descrittivo, all’identificazione: chi è un influencer? E non ne usciamo, stiamo come nel personaggio di Paolo Panelli, “cosa è il bricolage? Il bricolage è il bricolage”. Cosa è un influencer? Un influencer è un influencer ma potremmo anche azzardare, dall’inglese pubblicitario all’italiano maccheronico: un influencer è un imbonitore, uno bravo a cavar sangue dalla rapa. Nel caso della coppia in decadimento, i Ferragnez, si va oltre: bravi a cavar sangue dalla merda.
Ve li ricordate a Sanremo, ve lo ricordate lo psicodramma, o la pochade, lui che dava i numeri e slinguazzava, o si faceva fare da uno di questi sottoartisti in cerca di luce, che durano come le falene, come gli Achille Lauro, quel Rosa il Chimico, lei che si disperava, strabuzzava gli occhi e poi non si parlavano, via social, e tutti, in orgasmo: è la fine? Si lasciano? Sono gay? Vanno al manicomio o dal notaio? No, andavano che era una buffonata dal copione meticoloso e adesso – cavar sangue dalla merda – ce la rivendono su Amazon Prime per uno di quei prodigi del libero mercato globale, talmente libero che ti dice non è bello ciò che è bello ma ciò che io dico che è bello e tu te lo ingoi senza fiatare. Era già tutto previsto e anche all’Ariston si era detto: ma questi, con che faccia possono fare entrare i tecnici, i cameramen di una emittente concorrente alla Rai, ma chi glielo dà l’agio dei padroni in casa altrui, che se mai era casa di tutti, servizio pubblico?
Ma dire servizio pubblico è dire una di quelle formule del patetismo deamicisiano, la Rai è, come disse adeguatamente una volta Bruno Vespa, cosa dei partiti e Sanremo essendo cosa del Pd poteva consentire a due trentenni di fare il loro comodo, girare con un network privato a spese della Rai, aprire profili Instagram senza i necessari permessi, tanto le multe le pagava Pantalone, servizio pubblico quando c’è da sborsare. Insomma a metà settembre arriva su Amazon la farsa nella farsa nella farsa, la Matrioska di tutte le farse: i due, più patinati, più irreali che mai, con quella gnagnera da milanesi imbruttiti, di cintura o provincia, la stessa che aveva lei nel leggere la letterina scritta da se stessa a se stessa, qualcosa di inascoltabile, di insulso, di pretenzioso, lacrime plastificate, che ti faceva venir voglia di tirare un mattone contro lo schermo.
Lui, che si vantava di delirare e poi diceva: non ci sto con la testa, i farmaci non funzionano. Per dire che due con quaranta o sessanta milioni di seguaci, due dai fatturati di multinazionale, sono una famiglia disfunzionale e lo rivendicano. Ma più disfunzionali, forse, quelli che li seguono, che finora se li sono bevuti. Da un po’ se li bevono sempre meno: i Federagnez hanno stufato, le loro pose, le loro false priorità, il loro fare soldi per fare soldi per fare soldi, i loro drammi di cartapesta hanno rotto. Hanno avuto una discreta emorragia di fresconi, il che significa di fatturato, e adesso hanno pure il coraggio di dire: vedeteci su Amazon, vi diciamo tutta la verità sul nostro Sanremo.
Un Festival da cui, a forza di voler strafare, di voler fingere sono usciti nudi come il re della favola, evidenti nella loro mancanza di talento, in quel patetico voler esserci a prescindere: mediocri, imbarazzanti anche nel leggere una paginetta, nello strappare una fotografia. I tempi che corrono! Falsi, artefatti come una moneta da 3 euro e basta il trailer a indurre nuova istintiva (in)sofferenza: raccontare certi disastri privati con l’occhio fisso all’obiettivo ha in sé qualcosa di anormale, di lunare, d’accordo, ormai gira così, d’accordo, anche assassini, vittime, parenti di vittime fanno così ma questo non li rende più umani, li riduce a entità disumane.
Quanti si faranno incantare di nuovo? Già la prima serie aveva fatto storcere le bocche, il trionfo della noia kitsch, del ciabattaro da Citylife ma sempre ciabattaro, una miseria da piccoloborghesi arricchiti, arrivati, ma senza niente da dire, da proporre, l’ovvietà dei bottegai, di miraggi, di visioni ma bottegai, avvitati a loro stessi, implosi nel loro mondo che non è un mondo, è una proiezione, tutto con questi due, e non solo loro, è insapore, esangue. Consumabile perché incommestibile, esistenze ridotte a prodotto che non sa di niente e tutti possono assaggiarlo. Restando col sapore del niente in bocca.
Chi ci cascherà questa volta? Ma, animo, nella stagione due dei Federagnez c’è “tutta la verità” e lo garantisce Open, testata di debunker. A questo punto, come negare alla coppia virtuale lo sbarco in politica che ormai è come il vaccino, non si nega a nessuno, ci debbono passare tutti, è parte del gioco, del contratto, della gnosi. “Quid est veritas?” chiese Pilato ai Federagnez; risposero i Federagnez: “Nos sumus”. Gesù Cristo alzò gli occhi al cielo mormorando: “Padre, ma tu per questa roba qua, per questa miseria qua mi mandi a morire in croce?”
Max Del Papa, 28 agosto 2023