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La Capitana sfida l’Italia e a sinistra applaudono

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«Forza Capitana», titolava ieri Repubblica. Forza Capitana? «Capitana, mia Capitana»? No, grazie. Forza italiani, piuttosto. Salvini non è il nostro Capitano e non lo sarà finché si accompagna ai 5 stelle, il Movimento degli statalisti incapaci. Non c’è bisogno di essere leghisti per capire che, nel caso contingente, quello della Sea Watch, ha ragione il ministro dell’Interno, appunto il Capitano, come lo chiamano i suoi fedelissimi.

Il Pd ha scelto di fare passerella recandosi in massa a omaggiare la nave Ong che, dopo aver atteso 14 giorni sul limitare delle acque italiane, ha deciso di forzare il blocco e avvicinarsi a Lampedusa in vista dello sbarco. La Sea Watch batte bandiera olandese ed è proprietà di una Ong tedesca.

La capitana è Carola Rackete, tedesca, 31 anni. Si è assunta la responsabilità di tenere in mare 42 immigrati prima di infrangere la legge. In due settimane avrebbe potuto andare e tornare da Amsterdam o Amburgo. Invece ha preferito fare salire la tensione per creare un caso politico, riuscendoci. L’Italia di fronte a una simile provocazione, con tanto di ricatto morale, non può che rispondere duramente. Non farlo equivarrebbe a dichiarare le nostre coste a disposizione di chiunque e incentivare il traffico di schiavi al quale assistiamo disgustati ormai da anni.

Anche i media progressisti (si fa per dire, qui stiamo tornando allo schiavismo) si sono schierati contro l’Italia e contro la civiltà: il titolo di Repubblica «Forza Capitana» esprime un’adesione alle azioni di chi ha ignorato il governo italiano e la Corte europea. Si può discutere di come sia meglio affrontare l’immigrazione. Su una cosa però dovremmo essere d’accordo: la risposta non può essere tollerare violazioni della nostra residua sovranità. Lo Stato. Invece no: «Capitana, mia capitana», scrive il Manifesto, storpiando la poesia di Walt Whitman.

Il Partito democratico, per rinsaldare lo zoccolo duro degli ex comunisti, ha scelto di assecondare il suicidio dell’Italia. I nuovi (pseudo) socialisti si preoccupano di qualunque problema nel mondo ma se ne fregano dei concittadini che muoiono di fame a Canicattì o ancora soffrono a causa dei terremoti di tre anni fa. Dopo aver rinnegato il mondo del lavoro per i «diritti»; dopo aver ceduto con entusiasmo quote di sovranità all’Unione europea, che ricambia fregandosene dell’emergenza migranti; dopo aver scelto di radicarsi nella borghesia danarosa, metropolitana e cosmopolita, la sinistra ha stabilito che il popolo italiano, reo di non farsi incantare, non merita di essere tutelato.

Conosciamo ormai il trucco dei media che si accodano a questa visione del mondo per la gloria e talvolta la pecunia: spacciare per fascismo/razzismo qualunque posizione sia contraria all’accoglienza indiscriminata. Agli italiani però non è sfuggito che un conto è accogliere, un altro farsi invadere, un conto è salvare le navi in difficoltà, un altro incitare gli scafisti a partire, un conto è garantire condizioni di vita dignitose a chi sbarca, un altro è lasciare che venga arruolato come schiavo pagato a cottimo. Gli italiani sono generosi. Ma non fessi.

Alessandro Gnocchi, 28 giugno 2019