In una cornice del genere, è inevitabile che la cura proposta dalla Capua sia peggiore del male. Tutto il ragionamento si risolve in uno spottone all’Ue, alle Nazioni Unite e ai colossi del Web. L’Europa dovrebbe dotarsi di “un’unica cabina di regia e di una catena di comando chiara” per il contrasto alle epidemie. Segnaliamo alla virologa che le agenzie europee esistono già. E non sono servite a niente. Sulla sviolinata agli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu, c’è poco da dire: è un libro dei sogni, che mischia ambientalismo di maniera ad amenità come la “povertà zero” e la pace nel mondo. Ben più preoccupanti, però, sono le idee della Capua sui “colossi della tecnologia” che dovrebbero gestire i “big data derivati dalla ricerca scientifica”.
La nuova frontiera è, secondo l’ex onorevole di Scelta civica, la “digital health”: ovvero, “braccialetti che registrano il nostro battito cardiaco, misurano il livello di glucosio nel sangue o la proteina C reattiva”. Una bella mole di dati biometrici nelle mani dei capitalisti della sorveglianza – ma tanto, si schermisce la Capua, “tra cinque anni saremo misurati in tutto”, “non potremo più vivere una vita clandestina” e tutto questo “non sarà per forza un male”. Anzi, “ci aiuterà a diventare i primi guardiani della nostra salute”.
Signor virus, la preghiamo: si faccia da parte, prima che instaurino il totalitarismo sanitario.
Alessandro Rico, 6 giugno 2020