Politica

La chat antifàchic di Giannini si sputtana da sola

Il gruppo whatsapp lanciato dall’ex direttore della Stampa in nome dell’antifascismo fa ridere sia negli intenti che nelle adesioni

giannini chat antifa

È difficile. È difficile, perché qui la faccenda sfugge di mano, va decisamente oltre il surrealismo antifascista. È difficile, comunque proviamoci. 25 aprile più pazzo del mondo, parte seconda: come chiudere in mirabilia una giornata di ordinaria follia veteropartigiana? Ci ha pensato Massimo Giannini, l’uomo che s’inchinava a Speranza, con una incredibile chat antifàchic su whatsapp, roba tipo “mamme consapevoli”, “Chiara e Fedez tornate insieme” o “pippaioli per Paola Saulino”.

In questo caso l’oggetto dello smanettare era la resistenza, a Giorgia Meloni, what else?, che non ce la fa a definirsi antifà, da cui discenderebbe una situazione tipo birreria di Monaco, 1933. Giannini è andato a vantarsene nella contro-Bürgerbräukeller di Lilli Gruber, che sprizzava gloria da tutti i botox: “Una cosa grandiosa, migliaia e migliaia di adesioni in poche ore”, la lista poi l’ha stilata Filippo Facci e c’è davvero di tutto, ma, soprattutto, di freschissimo: ma ci torniamo tra un attimo, prima cerchiamo di contestualizzare l’apparente delirio. Giannini, roso e rosicante dall’imprevedibile successo di Scurati, martire inflazionato, deve essersi detto: mò ci provo anch’io. Con l’occhio al futuro politico, anche perché quello giornalistico, dopo gli sfaceli seminati fra Stampa e Repubblica, sembrerebbe definitivamente compromesso.

Che Giannini pensi ad una vecchiaia poltronifera è certo, visto che l’ha formalmente escluso chez Lilli: “Io in politica mai”. Quindi è deciso. Il problema saranno i voti. Perché se ne raccatta quanti sono i suoi lettori, la vediamo bigia. Anche la storia della chat da migliaia di iscritti, è una palla antifascista: perché perfino in un Paese di fanatici come il nostro, raccattarne di più per le fregole del partigiano gianni-ni pare impresa improba. E nnamo, essù! C’è un limite anche al ridicolo, anche se Massimo, Lilli e compagni non se ne accorgono. E insomma piovono adesioni come le pietre di Ken Loach: “Carlo De Benedetti, Romano Prodi, Massimo D’Alema, in particolare il giornalista Massimo Giannini (ideatore della chat, consacrato come futuro capo partito) più altri come Giuseppe Sala, Stefano Bonaccini, Pierluigi Bersani, Bruno Tabacci, Fausto Bertinotti, Valter Veltroni, Marco Follini, Elsa Fornero, Roberto Zaccaria; e poi astri nascenti del giornalismo come Bianca Berlinguer, Sigfrido Ranucci, Massimo Gramellini, Concita De Gregorio, Sergio Rizzo, Luisella Costamagna, Corrado Formigli, Giovanni Floris, Donata Scalfari, Francesca Fagnani, Mario Orfeo, Andrea Vianello, tanti altri da noi già segnalati all’Ovra. Stiamo parlando di qualcosa come 905 soggetti spalmati su un’intera giornata”, racconta Facci.

Altri nomi: «Luca Zingaretti, Nicola Piovani… scrittori e cantautori, da Baglioni a Venditti, da Nina Zilli a Paola Turci». Anche Paola Turci”. Quest’ultima, probabilmente, dallo yacht della moglie, Francesca Pascale, ereditato da Berlusconi, mentre la servitù serviva un caffè antifascista all’alba. È difficile. Difficile metterli in ridicolo, ci pensano da soli. Difficile sputtanarli, perché è gente che ha solo l’imbarazzo del miglior padrone, stanno tutti lì, tronfi, ripieni di potere, e vedono le camicie brune alle porte, ma le vedono solo loro perché il gioco è scoperto quanto ammuffito: non solo non vogliono rinunciare alle loro rendite di posizione, pretendono anche di farlo senza contraddittorio, contraltare, sono inclusivisti tra loro, tutti gli altri devono sparire col trucco di patenti democratiche che non hanno senso e che meno di tutti loro per primi possono permettersi di rilasciare.

Storia vecchia, bolsa. Imbalsamata. Ma anche storia che conferma il tipo umano del giornalista all’italiana, una specie di Bel Ami alla vaccinara, uno che a forza di sgomitare e di inchinarsi può arrivare a qualche privilegio, alla lista degli amici famosi e potenti di cui vantarsi: “intellettuali, scrittori, politici, cantautori… li ho tutti nel mio dispositivo” dice Giannini, e qui il ridicolo si tinge di grottesco, quasi di macabro. E passi per Venditti, uno che sull’impegno fantasma ci campa fin da ragazzino, col trucchetto del cipiglio spocchioso, ma che pure Baglioni, strada facendo, arrivi a buttarsi via tra una Bortone e un Vergassola, il cui impegno è sempre stato unicamente quello dell’incarnare il cabaret del morto di figa… Strano, comunque, che non si sia imbarcato anche il Blasco che canta “Bella Ciao”, eeeh zzzàà, ci sono anch’io qua, eeeh, oooh, aaaah.

Voilà, ecco l’informazione spettacolo alla vaccinara: una faccenda di potere reticolare, avrebbe detto Foucault, in fondo patetica, provinciale, avvilente. “Ah Claudio, dai, famme ‘na dichiarazzione antifasscista, che poi te faccio ‘n bel servizzio sul prossimo tour”. “Ah Paola, che fai, nun me intervieni? Che dici? Ve siete appena arzate e sta stronza de servitù ancora nun v’ha portato le brioches? Eh, va beh, daje, ‘na cosetta sullantifàlesbo, su sta Meloni che vuole deportare gli omosessuali, sui treni, binario 21, che poi ce ne penso io a spararla”. Questa è la connection democratica all’italiana, signori. Una farsa che scomoda regolarmente quella categoria dello spirito che sarebbe “la società civile”, in effetti un reticolo di privilegi, un perenne sbrodolamento fingendo di scorgere Hitler che bussa in redazione.

Enrico Mentana, che è furbo, dalla chat “pippaioli per Ilaria Salis” si è subito defilato, Antonello Piroso, che è serio, non ci ha neanche pensato un attimo. Altri, pur tirati dentro, han fatto finta di niente (“Ahò, ma questo rompe li cojoni pure oggi ch’è festa?”), altri ancora ci si sono buttati come degli antifaà imbruttiti, a colpi di slogan sul “lasciare il Paese” (ancora???), sulla “Costituzione approvata dal 90% degli italiani” (balla spaziale procedurale), sulla “uscita dalla nebbia” – ed è tutta gente che quando nella nebbia del regime concentrazionario ci stavamo sul serio, chiusi dentro, ricattati, deprivati di ogni libertà, obbligati a sierarci, non fiatava, anzi esibiva un piacere osceno, qualcuno, come Giannini, si faceva incontro al ministro Speranza a colpi di reni, su e giù con la schiena.

Adesso fa la chat antifà densa di allucinazioni del tipo [siamo di fronte ad una] «svolta autoritaria figlia delle pulsioni neofasciste esplose a piazza Fontana e alla stazione di Bologna». È difficile sputtanare robaccia avariata del genere, non sai se più per stupidità, malafede, calcolo o fanatismo. O compulsione a ripetere, questi alla fine sono sempre gli stessi geneticamente immodificabili degli anni formidabili, delle cazzate rivoluzionarie da borghesia bolsa e opportunista. Passano le generazioni ma restano immutabili, eterni come i polimeri di plastica.

E come poteva andare a finire? Nel modo immutabile e eterno del più puro stile comunista e di sinistra, con gli entusiasti aderenti che dopo cinque minuti cominciano a provocarsi, ad insultarsi, a sputacchiarsi, a dissociarsi, a mandarsi a fanculo, altro che uscire dalla nebbia. Perché tutti alla fine vogliono essere più antifà degli altri, ossia più candidabili, cioè più servili. Ha scritto Mentana nel suo messaggio in cui si smarcava: ma perché invece di stare sempre al museo non ricominciate a elaborare futuro? Saggio consiglio, ma anche ciò, speremo de no: ogni volta che la sinistra si prova a elaborare un futuro, va a finire in qualche delirio perché riparte sempre dalle miserie marxiane e non ne sa prescindere: il comunismo morto e sepolto, lo riesuma nel green, nel gender, nel woke, nei 30 all’ora, nel divieto di gelatino, nel verde cittadino lasciato incolto, nella solita parabola che va dal millantato “vietato vietare” del ‘68 al verace vietato consentire del 2024.

In fondo, anche nella chat pippaiola di Gian, senza Ric, che altro c’è se non l’eterno desiderio di contarsi, di stringersi a coorte, di giocare alla cospirazione degli eletti, di organizzarsi per un partito forcaiolo destinato subito a implodere in mille (999, per la precisione) schegge di narcisismo egolatrico?

Max Del Papa, 27 aprile 2024

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