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La chiamano dignità, ma è un aiuto al “nero”

Vedremo bene nelle prossime ore i dettagli del decreto dignità. Dalle prime bozze circolate però una cosa è certa: combattere i contratti a tempo determinato. Attraverso tre strade:

1. limitarne la durata

2. renderli più cari

3. aumentare la burocrazia, obbligando alla causale

Il fine, sulla carta lodevole, è quello di dare certezze ai lavoratori. Purtroppo non è così semplice. La storia e l’economia, ma soprattutto il buon senso insegnano, che rendere più rigido il mercato del lavoro, non aiuta per certo le imprese, ma soprattutto danneggia i lavoratori.

Qualcuno si è mai messo nei panni di un datore di lavoro, di un imprenditore piccolo o grande che sia, che si impegni per la vita a pagare uno stipendio? Se, nell’incertezza in cui si trova, ha davanti a sé due strade: assumere per sempre o non assumere, cosà farà? Assumerà solo quando ben sicuro. Piuttosto molla il colpo. Se è una persona per bene.

Insomma contratti a tempo indeterminato ci sono e ci saranno. Ma accanto ad essi ci devono essere per forza contratti a tempo. È il nostro mercato, la nostra economia.

Questi pazzi vogliono tutti dipendenti a tempo indeterminato e non si accorgono che per questa via creano una montagna di partita iva e numerosi lavoratori in nero.