Per i liberali che ancora cercano uno di loro al Corriere della Sera, Danilo Taino ha sostituito nel cuore e nella penna ciò che per anni fu Piero Ostellino. È il primo motivo per a leggere Scacco all’Europa (Solferino), titolo bruttissimo, per un libro bellissimo. La prefazione con un aneddoto dice tutto. Ricordate la famosa foto dell’elicottero che salva gli americani a Saigon, in Vietnam, nel 1975? Ebbene quello scatto realizzato da un fotografo olandese non raccontava l’epopea degli ultimi funzionari dell’ambasciata americana, come poi fu detto per anni, ma il fuggi fuggi degli spioni dagli uffici della Cia.
Ebbene, quando si parla di Asia e oggi di Cina, resta la presunzione di sapere molto, e invece di capire poco. Taino dice: «Per secoli abbiamo avuto la convinzione che l’intero pianeta sarebbe diventato una grande Europa» e dopo il «crollo dell’Unione sovietica e del comunismo all’inizio degli anni ’90, gli Stati Uniti marciavano sicuri che il mondo li avrebbe copiati, che si sarebbe messo sul sentiero tracciato dai vincitori della guerra fredda». Ciò non è avvenuto. «L’egemonia dell’occidente è in difficoltà», ma la situazione dell’Europa è ancora peggiore e «rischia di essere la penisola occidentale del supercontinente Eurasia dominato dalla Cina».
La Cina, aggiunge Taino, «mentre proietta al mondo e verso i suoi cittadini l’immagine di una potenza giovane e irrefrenabile, ha una leadership che si rende conto di avere molte debolezze, di essere forse un gigante dai piedi di argilla». Ma ha un progetto, una strategia. La cosiddetta via della Seta, la «Belt and Road Initiative» di cui si parla oggi, ha radici solide. I cinesi hanno conquistato il porto interno più importante d’Europa, Duisburg, senza che gli stessi tedeschi se ne accorgessero. L’Europa ha molti problemi, «ma due risaltano rispetto agli altri: non è più il centro del mondo e non può più limitarsi a difendere l’euro. Il guaio è che li nega entrambi».
Favoloso Taino. Ricorda come la costruzione della moneta unica sia stata improvvida, centralistica e riprende un’intervista del ’98 a Milton Friedman sul Corriere in cui descriveva le conseguenze dell’errore che stavamo per commettere. E che abbiamo alla fine commesso. La moneta unica non è stata una salvezza, al contrario. E ha illuso i suoi costruttori che ci permettesse di restare al centro dello scenario mondiale. L’ultimo episodio rilevante è invece stato quello dell’89, il crollo del muro di Berlino, la riunificazione della Germania. Il 9 novembre dell’89 «fu l’ultimo giorno in cui l’Europa fu il centro del mondo».
La via d’uscita? Imparare dagli errori. Smettere di guardare all’Europa come al modello: «Dal trattato di Maastricht in poi abbiamo abbassato lo sguardo, concentrati solo su noi stessi». Non abbiamo capito il cambiamento di ruolo degli Usa e abbiamo sottovalutato il nuovo peso asiatico. Ma per il resto occorre leggere il libro. Scritto in modo semplice, chiaro e senza un punto di vista ideologico.
Nicola Porro, Il Giornale 17 marzo 2019