Da Pechino, ovviamente, smentiscono. Per il rapporto invece “l’aumento della spesa a maggio” suggerisce che questa possa essere “una possibile data di inizio dell’infezione“. Altri dati anomali sono stati rilevati tra luglio e ottobre del 2019, quando la Wuhan University of Science and Technology, che ha un ruolo nella risposta statale alle epidemie, avrebbe speso 8,92 milioni di yuan per i tamponi, cioè otto volte l’ordinativo acquistato nel 2018. “Riteniamo – si legge nel rapporto – che la pandemia sia iniziata molto prima rispetto a quando la Cina ha informato (l’Oms) sul COVID-19”. Di certo non si tratterà della pistola fumante. Ma se tre indizi fanno una prova…