La Cina comprava tamponi mesi prima del Covid

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Dall’Australia arriva un nuovo input alla ricerca della verità sull’origine del coronavirus. Secondo una società di sicurezza informatica, Internet 2.0, nella provincia dell’Hubei, primo focolaio del Covid, gli acquisti di test molecolari sarebbero aumentati mesi prima (ripetiamo, mesi prima) dei rapporti ufficiali della Cina sull’esistenza di un virus sconosciuto.

Lo scontro Cina-Usa sull’origine del Covid

Va detto che le ombre e i misteri sull’origine della pandemia mondiale sono e resteranno molti. Trump accusò sin da subito la Cina di aver tenuto nascoste informazioni fondamentali per bloccare l’infezione. Da tempo circola l’ipotesi che il morbo sia sfuggito dal laboratorio di Wuhan, tesi prima considerata complottista e poi sposata pure da Joe Biden. Ultimamente poi il Telegraph ha reso nota un’inchiesta sulla possibile creazione artificiale del virus che ha fatto rabbrividire il mondo. E ora a tutto questo si aggiunge un nuovo tassello.

Il rapporto che accusa Pechino

A destare sospetti sono alcune gare di appalto pubbliche realizzate in Cina nel 2019. Ex funzionari dei servizi segreti di Stati Uniti, Regno Unito e Australia hanno infatti incrociato dati e analizzato informazioni, scoprendo che quell’anno il Dragone avrebbe speso 64,7 milioni di yuan (circa 10,5 milioni di dollari), quasi il doppio di quanto investito l’anno precedente. Il boom di transazioni sarebbe iniziato da maggio, cioè diversi mesi prima dell’8 dicembre, data in cui la Cina ha comunicato ufficialmente all’Oms il primo caso sintomatico di Covid-19. È vero che il test PCR non è utilizzato solo per il Covid e che le sue applicazioni sono sconfinate. Ma per i ricercatori l’insolito aumento di acquisti sarebbe un segnale che l’epidemia potrebbe essere esplosa nell’Hubei ben prima di quanto dichiarato da Pechino. Ad aumentare gli ordinativi sono state le Università e il Chinese Center for Disease Control and Prevention, ma anche l’Esercito di liberazione popolare. Possibile che il regime abbia nascosto sotto il tappeto il problema, mettendo a repentaglio la salute del mondo intero? Secondo il dossier, il coinvolgimento di questi Enti sarebbe un indizio che “l’aumento degli acquisti sia stato molto probabilmente legato all’emergere del Covid-19 nella provincia dell’Hubei”.

Da Pechino, ovviamente, smentiscono. Per il rapporto invece “l’aumento della spesa a maggio” suggerisce che questa possa essere “una possibile data di inizio dell’infezione“. Altri dati anomali sono stati rilevati tra luglio e ottobre del 2019, quando la Wuhan University of Science and Technology, che ha un ruolo nella risposta statale alle epidemie, avrebbe speso 8,92 milioni di yuan per i tamponi, cioè otto volte l’ordinativo acquistato nel 2018. “Riteniamo – si legge nel rapporto – che la pandemia sia iniziata molto prima rispetto a quando la Cina ha informato (l’Oms) sul COVID-19”. Di certo non si tratterà della pistola fumante. Ma se tre indizi fanno una prova…

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