Lockdown cinese

La Cina dimostra: il “Covid Zero” non può reggere

Il Dragone è investito da un’ondata di violenze causa la politica zero Covid. Fino a quando Xi potrà contare su questo modello?

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Pechino, Guangzhou, Zhengzhou, Xinjiang. Si stanno allargando a macchia d’olio le rivolte cinesi contro i nuovi lockdown imposti dal regime comunista di Xi. Nelle scorse settimane, il sito nicolaporro.it è stato tra i primi a raccontare l’ondata di violenze: scontri con le forze di polizia ed i vigilanti sanitari, cittadini legati a terra perché senza mascherina, repressioni delle proteste di lavoratori.

Uno scenario che, nei casi più estremi, potrebbe mettere preoccupazioni alla tenuta del potere di Xi Jinping, soprattutto se il fenomeno dovesse continuare ad espandersi. Il leader del Dragone viene dall’investitura del XX Congresso del Partito Comunista a ricoprire il terzo mandato consecutivo, prima volta in assoluto nella storia di Pechino dalla morte di Mao. Eppure, la schiacciante presa che Xi ha sui vertici di partito potrebbe cadere proprio sulle restrizioni imposte per il Covid, fino ad oggi un vero e proprio strumento di controllo della popolazione.

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Controllo sanitario

Ad oggi, i cittadini cinesi sono obbligati ad avere una app sul proprio smartphone, in grado di segnalare alle autorità i casi di positività. Questo passaporto ha tre colori: rosso (positivo e quindi obbligo di lockdown a tempo indeterminato), giallo (obbligo di tampone), verde (libertà di circolazione). Ma anche in presenza di un semplice contagio asintomatico, rimane il vincolo dell’applicazione di misure restrittive della libertà personale del soggetto.

Il caso più eclatante è quello di ieri, nella città di Zhengzhou, che ospita più di 200mila lavoratori ed è uno dei più importanti centri di fabbricazione degli iPhone nel Paese. Come raccontato su nicolaporro.it, i dipendenti sono reclusi da settimane all’interno degli stabili dell’azienda Foxconn, causa la presenza di un focolaio di Covid-19. I lavoratori non possono avere alcun contatto con l’esterno, vivendo in condizioni igienico-sanitarie che peggiorano sempre più col passare dei giorni. La notte scorsa, i dipendenti hanno deciso di rivoltarsi, uscendo dall’area e mettendo in atto veri e propri scontri a corpo a corpo con polizia ed agenti sanitari.

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I danni del Covid-Zero

In tutto il Paese, le attività di base (andare al supermercato, guidare i mezzi pubblici o entrare in uffici) dipendono dal tenere un test Covid aggiornato e negativo, senza essere contrassegnati come contatto stretto di un paziente. Uscire in pubblico, quindi, è un rischio in sé, poiché essere barricati dalle autorità in un centro commerciale, per esempio, potrebbe semplicemente dipendere dal fatto che qualcuno nelle vicinanze finisca per risultare positivo.

Eppure, se Pechino ha deciso di optare per una strategia da “Covid Zero”, ci sono altri elementi su cui dover fare i conti. Tra questi, il lato economico. La Cina, infatti, si sta avviando verso un periodo di stagflazione, con indici di crescita che sono tornati indietro di quasi trent’anni. Nonostante il Dragone sia stata l’unica economia, in termini di Pil, ad avere il segno più alla fine del 2020, non si potrà dire la stessa cosa quest’anno, dove la macchina cinese rischia di essere fortemente ridimensionata.

Si tratta di un circolo vizioso, che porta a cassare completamente l’efficacia del modello sanitario cinese. Mantenere la strategia zero-Covid, oltre ad essere impossibile perché il virus (come ben vediamo) non scompare a colpi di lockdown, è ora sostanzialmente più costoso di quanto non fosse un anno fa. Da una parte, gli ultimi ceppi virali sono molto più trasmissibili; dall’altra, portano a conseguenze decisamente meno gravi sotto il profilo sanitario.

Tale modello ha come effetto un combinato disposto devastante. Cittadini asintomatici, o magari con un semplice raffreddore, sono bloccati agli arresti domiciliari e all’interno di edifici pubblici, fino a quando il proprio test non risulta essere negativo. Un danno incredibile per il settore produttivo, con intere aziende bloccate a causa di una tosse, uno starnuto o una linea di febbre.

La Cina ha pure pochissima immunità naturale, con solo circa 1 milione di persone, ovvero lo 0,07 per cento della popolazione, che finora ha contratto il virus. Una situazione che, quindi, risponde alla formula del “fine emergenza mai”, dell’eterno controllo popolare, delle infinite restrizioni. Fino a quando Xi potrà contare su un assetto simile, senza che le violenze investano tutta la Repubblica Popolare cinese?

Matteo Milanesi, 24 novembre 2022

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