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La Cina e gli aiutini che l’Ue non vede - Seconda parte

Pensate all’Italia. In Cina le banche aiutano i colossi, da noi falliscono e ci facciamo trattati per capire come salvarle, senza capire bene a quale protocollo rifarci. Mentre da noi si discute se nazionalizzare la rete in fibra ottica o farla comprare a Telecom, lì inventano apparecchi elettronici che un tempo realizzavamo a Torino. Mentre da noi ci sono degli incompetenti che immaginano di fare acciaio decarbonizzando e togliendo ogni tutela legale a chi si è beccato quel pasticcio dell’Ilva, in Cina regalano le terre per fare impianti alla velocità della luce e a prezzo scontato. Mentre in Cina si fanno i loro campioni nazionali con la direzione del partito comunista, da noi impediamo a Fincantieri di fondersi con i cantieri francesi che hanno rilevato da un socio coreano.

E per motivi antitrust europei andiamo a perquisire gli uffici di Bono & company, distraendoli dal loro business principale, per il quale, se la Baronessa permette, siamo ancora leader e cioè costruire navi da crociera da un miliardino l’una. Ecco se la baronessa mollasse le sue follie verdi e protogriline e si capisse che il mondo va da un’altra parte, forse l’ideale Europeo, riscuoterebbe qualche apprezzamento in più. Invece la stessa Von der Leyen è scettica pure sulla possibilità di un coinvolgimento di Huawei nello sviluppo del 5G europeo. E pensare che ci unimmo per fare la comunità del carbone e dell’acciaio, grazie ai quali crescemmo per trent’anni e oggi ci dividiamo per smontarla.

Nicola Porro, Il Giornale 28 dicembre 2019

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