La codardia autoritaria che nega la libertà

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Cosa saremmo noi oggi se coloro che, sacrificando la propria vita, ci hanno donato la libertà, ossia la vita stessa e il lavoro e la dignità e la ricerca della felicità e perfino la salute, avessero detto “prima la salute”? Semplicemente non saremmo qui e, forse, non sarebbe male perché vedere questo spettacolo di codardia autoritaria spacciata per grande prova di responsabilità è infinitamente triste e deprimente. Mesi fa andava in scena la messa in scena sul miserando slogan “prima gli italiani” ma, francamente, tra “prima gli italiani” e “prima la salute” il secondo è molto più gretto, ignobile, piccino.

È proprio il secondo slogan che ci rivela a noi stessi per quel che effettivamente siamo: la strenua difesa del particulare fatta passare per il grande sacrificio nel nome del nobile ideale. Siamo sempre lì, c’è poco da fare. L’uomo del Guicciardini usa grandi parole – responsabilità, sacrificio, dovere – ma sta soltanto difendendo il suo tornaconto, la salute, nemmeno la vita, e mai e poi mai si sognerebbe di mettere in pericolo la sua vita salutare per difendere la libertà. Che cosa misera.

Luigi Sturzo diceva in un suo famoso discorso, La libertà in Italia: “Amo la libertà più della ricchezza, amo la libertà più dei piaceri, amo la libertà più del potere, amo la libertà più della vita”. Era un prete e sapeva che il suo Dio era proprio il Dio della libertà che sacrificò la vita per rendere gli uomini liberi e togliere dal loro petto e dalla loro testa quella logica barbara del capro espiatorio che colpevolizza qualcuno per non vedere le violenze di tutti. Non è un caso che proprio questa logica barbara e caprina si riaffacci oggi dai balconi con gli zelanti delatori.

Ma oggi nemmeno il Dio salvatore dell’anima mortale si può andare a pregare in chiesa perché la salute val bene una messa e se la messa è affare di coscienza è chiaro che la finta coscienza dell’uomo del Guicciardini ne può fare a meno. Magari di rivolgersi a Dio ci si penserà in fin di vita, come fanno le anime pie pensando che sia arrivato il momento di ingraziarsi il Padreterno pentendosi e consumando così, sotto forma di conveniente pentimento, ancora una volta l’ultimo atto di egoismo.

L’uomo del Guicciardini, quello che vince sempre in Italia, sia che ci si trovi in dittatura sia che si viva con istituti di garanzia, ama più la ricchezza che la libertà, ama più i piaceri che la libertà, ama più il potere che la libertà, ama più la vita che la libertà, anche se la vita è murata e schiacciata dal potere acclamato dalla servitù. Gli antifascisti e gli antirazzisti che ieri si stracciavano le vesti e gridavano che i porti dovevano stare aperti e non chiusi dove sono ora che i porti sono chiusi? Chiusi a chiave nelle loro case (al massimo escono sul balcone che, per un antifascista, è un’evidente ironia che mette in luce la sua monca fede nella vita libera). Perché? Perché viene prima la salute.

Gli europeisti e i progressisti di ieri sono diventati oggi nazionalisti e inveiscono contro la Germania e i tedeschi che hanno tutto il diritto di non volere un reddito di cittadinanza universale con cui pagare i debiti di chi pensa che non si debba lavorare perché viene prima la salute. Essere europei non significa essere elemosinieri e anche la solidarietà bisogna meritarsela. E dove sono coloro che gridavano contro la “politica della pancia” e contro il “ministro della paura” ora proprio ora che va in scena questa paurosa operazione da regime del terrore che si rivolge direttamente alla pancia degli Italiani ricattando con la paura della morte chiunque dissenta?

Ma poi “prima la salute” garantisce la salute? Abbiamo primati negativi di ogni genere, dai morti ai contagiati, e per difendere il servizio ospedaliero nazionale invece di dar fondo alle nostre risorse materiali e umane si è scelta la quarantena nazionale isolando un intero popolo non dal virus ma da sé stesso e dalla sua vita pratica e morale, mentre il virus continua liberamente a circolare e la salute dei furbi italiani è in pericolo ora per il virus, ora per gli altri malanni, ora per la depressione, ora per il fallimento di aziende, famiglie, commerci che avrebbero dato la loro degna collaborazione all’isolamento del virus se avessero potuto continuare a fare il loro dovere e il loro lavoro.

In fondo, se prima che il gallo canti abbiamo rinnegato la libertà è perché prima abbiamo rinnegato proprio il lavoro che con la libertà è tutt’uno.

“Che cos’è la libertà in confronto alla vita?”, dice. Niente, non è niente, hai ragione, stai a casa e misura la temperatura corporea. Però, per piacere, nelle feste comandate e nelle ricorrenze non venire a farmi la predica sui valori della resistenza e sulla libertà, limitati a portare la tua cartella clinica. Magari sei morto e non lo sai.

Giancristiano Desiderio, 11 aprile 2020

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