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La crisi del Csm e la profezia di Cossiga - Seconda parte

Quando è scoppiato il “caso Palamara” è stato diffuso in rete un video del 2008 in cui l’allora presidente dell’associazione nazionale magistrati venne sbeffeggiato dal presidente emerito Francesco Cossiga. Il recupero di quell’intervista – fatta da Maria Latella per Sky –  e il dramma del Csm forniscono l’occasione per ricordare a tutti noi che proprio Cossiga considerava non la corruzione bensì proprio la giustizia “il più grave dei problemi del nostro Paese”. E siccome non si faceva illusioni, delineò anche una riforma dell’ordinamento giudiziario che definì con ironia “utopica” perché già presente in alcuni Stati come USA, Canada, Regno Unito, Germania, Svizzera per citarne alcuni. In questa “riforma Cossiga” – che si può leggere nel libro Discorso sulla giustizia edito da Liberilibri – sono indicati tre caposaldi: terzietà del giudice, non obbligatorietà dell’azione penale, giurisdizione disciplinare estratta a sorte.

Come si vede, Cossiga sapeva molto bene che il Csm non è un buon organo di autogoverno della magistratura giacché, pur dichiarandosi indipendente e non politico, è invece politicizzato ed esso stesso fonte di partiti e cordate politiche. Non resta, allora, che creare sia il Consiglio superiore della magistratura sia la Corte costituzionale con il sorteggio. Oggi che il Csm è in crisi e si discute di rivedere i metodi di selezione dei suoi membri, sarebbe utile rileggere il “profetico” Francesco Cossiga e la sua “riforma”. Magari è proprio il sorteggio il modo migliore per rispondere alla domanda retorica di Giovenale.

Giancristiano Desiderio, 5 giugno 2019

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