Politiche green

La crisi delle auto elettriche è realtà: i dazi sono l’ultima spiaggia

Solo un talebano potrebbe negare le grosse difficoltà del mercato delle auto alla spina: ecco perchè

C’era chi sperava in grandi profitti a breve termine, chi voleva archiviare i veicoli a benzina e diesel nel giro di dieci anni, chi profetizzava un futuro iper-green. Ma le auto elettriche non hanno rispettato le aspettative e la realtà è molto distante dai sogni degli integralisti. L’Europa è il continente che ha fissato gli obiettivi più ambiziosi per l’abbandono dei motori a combustione, ma il mercato parla chiaro: le vendite vanno a rilento e cresce l’immatricolazione dei veicoli a benzina e diesel, mentre la crisi delle auto alla spina è certificata dai numeri.

La crescita di vendite di auto elettriche nel 2023 non è sufficiente per rispettare gli obiettivi fissati dal Vecchio Continente. Alcuni dati lasciano presagire un possibile cambio di rotta, ma dipende da Paese a Paese. E c’è di più: la crescita del 2023 non si sta ripetendo in questo 2024. Secondo i dati Acea, nei primi tre mesi le immatricolazioni di nuove auto elettriche in Europa sono cresciute solo del 3,8%. Tra i Paesi europei, quindici hanno fatto registrare dati in aumento, mentre i restanti dodici hanno visto le vendite calare. Drammatici i numeri di Germania e Italia, rispettivamente al -14,1% e -18,5%.

Gli obiettivi fissati per il 2035 sono irraggiungibili, questo è visibile ad occhio nudo. A confermarlo sono le principali case automobilistiche: se Volkswagen nel 2023 ha tagliato centinaia di posti di lavoro per la “situazione del mercato”, Stellantis poche settimane fa ha annunciato un mese di stop a Mirafiori, stabilimento dove si produce anche la 500 elettrica. E ci sono tanti altri esempi possibili. Uno dei fattori in ballo è la guerra dei prezzi e non chiama in causa solo Tesla. La già citata BYD ha visto rallentare la propria crescita, mentre Ford nonostante un utile netto da 1,3 miliardi di dollari nell’ultima trimestrale ha segnalato perdite nel segmento elettrico. A proposito di guadagni, c’è un altro report che non può che allarmare: secondo uno studio del Boston Consulting Group, negli Stati Uniti un costruttore perde in media 6 mila dollari su una Bev venduta al prezzo di 50 mila, al netto dei crediti d’imposta per i clienti. Ci perdono tutti, ad eccezione dell’ambiente. Forse.

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Per tentare di invertire la rotta molti Stati hanno praticato o praticheranno la strada degli incentivi: i prezzi delle auto elettriche non sono competitivi come quelli delle auto a motore. Ma non solo. Per combattere lo strapotere cinese – Pechino consente alle auto elettriche Made in China di essere commercializzate in Europa a prezzi più competitivi rispetto a quelli dei prodotti europei – c’è in ballo il dossier dazi. L’Europa non può accettare queste pratiche di distorsione del mercato che potrebbero portare alla deindustrializzazione, hanno ammesso i vertici Ue, che hanno avviato un’indagine anti-dumping sui costruttori cinesi. Sul tavolo c’è l’ipotesi di varare dazi più elevati sulle importazioni di auto cinesi, a partire da BYD, Geely e Saic, che non hanno fornito a Bruxelles informazioni sufficienti sui sussidi statali ottenuti.

I dazi potrebbero rappresentare una sorta di ultima spiaggia, un ultimo tentativo per tentare di invertire il trend. Solo un talebano potrebbe negare le grosse difficoltà del mercato delle auto alla spina, ma è anche vero che molti potrebbero perdere la faccia a causa dei pomposi annunci del passato. Forse qualcuno si renderà conto della necessità di archiviare l’ideologia per lasciare spazio al buonsenso. Incrociamo le dita.

Franco Lodige, 7 maggio 2024

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