Questa guerra non è come tutte le altre, ho cercato più volte di spiegarlo ma ripetere aiuta. Non lo è perché dopo il 7 ottobre anche la quasi totalità della sinistra israeliana ha capito che, nel contesto attuale, non è possibile alcuna ricerca di dialogo. Non soltanto con il mondo arabo ma anche con gran parte dell’occidente.
Non è un caso che oltre allo scontro armato nella Striscia di Gaza e al confine con Libano, e oltre ad aver a che fare con l’ondata di odio antiebraico più palese e aggressivo dalla fine della Seconda guerra mondiale, il governo dello Stato di Israele è in aperto contrasto con la quasi totalità degli organi internazionali.
Di esempi ce ne sono molti, ma quelli più plateali arrivano da posti e istituzioni fino ad oggi considerate immuni da questa malattia che si chiama antisemitismo. Per esempio, c’è da segnalare la pessima figura, qualcuno l’ha definita imbarazzante anche se il tentennamento nelle risposte è stato lo specchio del pensiero unico dilagante, da parte dei vertici delle maggiori università americane che davanti al Congresso USA non sono stati capaci di condannare l’antisemitismo dilagante nei loro Campus. Tranne poi scusarsi a tempo scaduto. la classica pezza peggiore del buco.
Altro esempio, grave anche questo ma di altra natura, è stata la totale assenza di assistenza a Israele da parte degli organismi internazionali dopo il pogrom del 7 ottobre scorso. Il segretario dell’Onu Antonio Guterres, che al primo giorno era al valico di Rafah per farsi fotografare davanti ai camion di aiuti umanitari per la popolazione palestinese, non si è però recato, distano solo pochi chilometri in linea d’aria, a vedere la distruzione che Hamas ha fatto dei kibbutz e villaggi israeliani. Lo ha fatto solo a distanza di alcuni giorni e dopo che le critiche lo avevano sommerso. Guterres ha poi addirittura invocato l’articolo 99 della Carta che permette al segretario generale delle Nazioni Unite di portare all’attenzione del Consiglio di Sicurezza qualsiasi questione che, a suo avviso, possa minacciare il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. È la prima volta che Guterres invoca l’articolo da quando è entrato in carica nel 2017, ed è anche la prima volta che un segretario generale ne fa uso dal 1989, e lo ha fatto per discutere la situazione umanitaria a Gaza e a chiedere un cessate il fuoco tra Israele e Hamas.
Questa mossa ha fatto saltare i nervi anche a Yair Lapid, ex primo ministro israeliano e leader dell’opposizione, grande nemico di Netanyahu, che ha dichiarato: “Il Segretario Generale delle Nazioni Unite non invoca l’articolo 99 da decenni. Non è stato utilizzato contro la Siria, mezzo milione di assassinati; contro il Congo, 4 milioni di assassinati; contro il Sudan, 450mila assassinati; contro la Russia, decine di migliaia di morti e milioni di rifugiati dall’Ucraina. Solo quando Israele cerca di difendersi dopo che i nostri figli sono stati brutalmente assassinati da un’organizzazione terroristica, il Segretario Generale dell’Onu si sveglia e invoca la clausola contro di noi. Come facciamo a sapere che questo è antisemitismo? Perché non esiste altra spiegazione logica”.
Robert Wood, il rappresentante Usa che ha poi messo il veto alla risoluzione dell’Onu, ha dichiarato che il documento messo al voto era sbilanciato, staccato dalla realtà e che non teneva conto di ciò che è avvenuto. Ha aggiunto che gli Stati Uniti non comprendono perché, a due mesi dai fatti, continui a mancare la condanna da parte del Consiglio di sicurezza degli attacchi terroristici del 7 ottobre 2023 durante il quale persone sono state bruciate vive, ci sono stati atti di violenza sessuale e tutto il male possibile. Ha inoltre aggiunto che l’attacco di Hamas a Israele va condannato come si fa in ogni conflitto e che il testo non riconosce il diritto di Israele a difendersi dal terrorismo. Diritto di ogni stato sovrano. Ha poi concluso il suo intervento con una frase che pesa come un macigno: “Se uno qualsiasi dei nostri paesi venisse attaccato in questo modo ci aspetteremmo che questo consiglio riaffermi il nostro diritto a proteggere i nostri cittadini”.
Oltre all’Onu e a tutte le sue agenzie, Israele ha un conto aperto anche con la Croce Rossa Internazionale che non ha usato il suo peso per pretendere da Hamas di visitare gli ostaggi israeliani rapiti. Non lo ha preteso, ma neanche chiesto. Infatti il modo in cui la Croce Rossa ha gestito i rapimenti e i massacri di massa condotti da Hamas ha suscitato diverse critiche da parte del governo israeliano, indignazione nella popolazione e profonda rabbia nei famigliari degli ostaggi. Anche se le critiche che sono arrivate sono state feroci, dopo due mesi esatti dal massacro perpetrato dai terroristi di Hamas, con il conseguente rapimento di civili, il Committee of the Red Cross, che nel suo statuto si vanta di essere un’istituzione di carattere umanitario caratterizzata dall’imparzialità, neutralità ed indipendenza con responsabilità nel custodire e promuovere il diritto internazionale umanitario, proteggendo e assistendo le vittime dei conflitti armati internazionali, dei disordini e della violenza interna, ha fatto poco e niente.
Roni e Simona Steinbrecher, i genitori di Doron rapito dai terroristi di Hamas a Kfar Azza il 7 ottobre, sono stati invitati a un incontro con la Croce Rossa all’inizio di questa settimana. Roni e Simona si erano rivolti alla Croce Rossa perché loro figlio Doron ha bisogno di un farmaco che assume quotidianamente e pensavano, speravano, che la Croce Rossa fosse disposta a trasferire il farmaco. Invece sono stati rimproverati dai rappresentanti della Red Cross che hanno detto loro: “Pensate alla parte palestinese, è dura per i palestinesi, vengono bombardati”. Aiuti a senso unico.
La famiglia di Elma Avraham, una donna di 84 anni rilasciata durante il cessate il fuoco, ha detto ai media israeliani che la Croce Rossa si era rifiutata di portarle le medicine di cui aveva bisogno. Immediatamente dopo il rilascio la donna è stata portata d’urgenza in ospedale in condizioni critiche proprio per la mancanza dei farmaci di cui aveva bisogno. Il dottor Nadav Davidovitz, medico curante di Elma Avraham ha detto alla stampa: “Ci eravamo incontrati con la Croce Rossa e avevamo chiesto loro di fare ogni sforzo per portare i farmaci che servono agli ostaggi con malattie croniche, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Dal punto di vista medico e infermieristico, ciò a cui abbiamo assistito è un abbandono illegale”.
Il Jerusalem Institute of Justice ha recentemente inviato una lettera al CICR (Croce Rossa Internazionale), sottolineando di aver pubblicato diversi post sui social media sulla terribile situazione umanitaria a Gaza, ma nessuno sulla difficile situazione degli ostaggi e delle altre vittime israeliane del massacro del 7 ottobre.
La politica dell’organizzazione che dovrebbe essere umanitaria, in questi giorni sta dimostrando, allineandosi a tutte le anime che usano le parole aiuti umanitari di essere anche lei unilaterale.
Come se l’umanità si trovi solo da una parte e che quella parte non è mai israeliana.
Michael Sfaradi, 9 dicembre 2023
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