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La cronaca smaschera le ipocrisie degli immigrazionisti

Si fa presto a dire: porti aperti. Meno semplice è spiegare quale sorte attenda gli immigrati che sbarcano sul nostro territorio. Infatti nessuno se ne cura, tra coloro che si stracciano le vesti affinché possano attraccare in Italia tutte le navi Ong che ne fanno richiesta.

Ieri alla stazione di Milano uno yemenita di 23 anni ha aggredito un militare con un paio di forbici, gridando “Allah Akbar”. Immobilizzato e condotto in questura, il ragazzo ha raccontato una storia a suo modo (negativo) esemplare. Sbarca in Italia, prosegue per la Germania, viene identificato come fondamentalista, sulla base del Trattato di Dublino è rispedito in Italia. Già instabile di suo (afferma di sentire delle voci), viene travolto da islamismo e disperazione. Dice di non aver mangiato per tre giorni, di aver dormito per strada, di non poterne più. Uccidere un militare in nome di Allah gli sembrava una sorta di riscatto. Meglio ancora se nell’azione avesse trovato la morte.

Ieri è venuta a galla una seconda vicenda gravissima. Il caporalato non esiste solo nei campi o nei cantieri ma anche per le strade delle nostre città. Avete presente i rider, i ragazzi che consegnano il cibo nelle nostre case sfrecciando in mezzo al traffico in bicicletta. Bene, anzi: malissimo, molti di loro sono clandestini che “comprano” il lavoro da chi ha i documenti in regola. Per svolgere regolarmente il lavoro, occorre accreditarsi con una App che poi genera i codici necessari per sapere dove recarsi e a chi consegnare. Niente App, niente lavoro.

Ma la App si può avere solo con i documenti in regola. I clandestini dunque la comprano per cifre esorbitanti, riducendosi a schiavi. Tra l’altro, svolgono un mestiere pericoloso. Se hanno un incidente però devono tacere, altrimenti vengono identificati. Ecco, gli immigrazionisti dovrebbero forse tenere conto di queste storie di “normale” sfruttamento. Non basta essere buoni e spalancare le porte. Bisogna anche essere realistici: se questo è quello che abbiamo da offrire, forse sarebbe meglio controllare l’immigrazione…

Alessandro Gnocchi, 18 settembre 2019