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La cultura dell’odio che sposta la salma di Franco - Seconda parte

A mio avviso, c’è un nesso tra la Ley de Memoria Histórica de España del 2007 – che in sostanza affida allo Stato e ai tribunali il giudizio storico sul ‘fascismo’(?) spagnolo – la rimozione della salma del Caudillo dalla Sierra Guadarrama e gli scontri sulle piazze della Catalogna, sui quali ha scritto due illuminanti articoli sul periodico on line ‘Atlantico’ Enzo Reale (Catalogna: un processo ai politici, non un processo politico, 14 Feb 2019 e Condanne per gli indipendentisti. Ma è la gabbia nazionalista a imprigionare la Catalogna, 16 ottobre 2019). Sono tutte manifestazioni di una comunità politica in frantumi che, non riuscendo a costruire insieme una convivenza civile ( fatta anche di oblio, come insegnava Ernest Renan), nutre la propria identità etico-sociale solo di odio, di rancori, di passioni vendicative, all’insegna del «finché c’è guerra ( civile) c’è speranza».

Forse a tutto questo ha dato un contributo non piccolo, la political culture dominante da mezzo secolo nelle Università europee. Alla ricerca di materiali e di indicazioni bibliografiche sulla guerra civile spagnola, mi sono imbattuto nella voce Guerra civile scritta per l’Enciclopedia dei ragazzi della Treccani da uno scienziato politico, già allievo di Norberto Bobbio, Luigi Bonanate. Nel breve paragrafo dedicato alla Spagna ecco quanto si legge: «Nel 1936 una violentissima guerra civile vide lo scontro tra i rappresentanti della repubblica parlamentare regolarmente eletti e i ribelli guidati dal generale Francisco Franco che, nel 1939, sarebbe riuscito a imporre alla Spagna un regime di tipo fascista, durato fino al 1975». Insomma una pacifica democrazia travolta da un’orda di mazzieri al servizio della reazione! E’ questa assoluta mancanza di obiettività storiografica che inaridisce la ‘ pianta uomo’ e predispone alberi e fiori rinsecchiti a prendere fuoco. Prima o poi.

Dino Cofrancesco, Il Dubbio 24 ottobre 2019

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